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Un vero trionfo, e un evento indimenticabile. Si è conclusa mercoledì sera la rassegna di spettacoli che ha visto protagonista al Ravenna Festival una delle compagnie più apprezzate al mondo per storia e eccellenza, il balletto del Teatro Mariinskji di San Pietroburgo. Non capita spesso di poterli applaudire in Italia e di certo non ricapiterà a breve di riaverli a RavennaTrilogia d’autunno ha portato tre spettacoli a rotazione, per sette serate, ed è stato un successo. Praticamente il tutto esaurito al Teatro Alighieria ogni performance. Un pubblico curioso e incantato, che è arrivato da molte zone di Italia e anche d’Europa. Sono stati più di sei mila gli spettatori che hanno riempito platea e palchi del meraviglioso teatro all’italiana inaugurato nel 1852. Un risultato che ha sicuramente ripagato le fatiche di portare a Ravenna non solo i danzatori, ma anche l’orchestra giovanile del Mariinskji, diretta da Boris Gruzin. Giovani e splendidi anche tutti i ballerini.

Un programma che ha affascinato e interessato perché ha saputo unire i grandi classici del repertorio ballettistico classico ai capolavori dei maestri del ‘900. Il tutto attraverso la perfezione estrema ricercata da un corpo di ballo che non ti permette di staccare gli occhi dal palcoscenico, tanta è la bellezza e la pulizia del loro lavoro.

La prima non poteva che essere affidata al classico dei classici, il Lago dei Cigni. Il balletto forse più visto, commentato, rielaborato e riadattato della storia. Ma ammirarlo messo in scena dalla compagnia pietroburghese ha un valore aggiunto. Da ricordare sicuramente il cigno di Olga Esina, guest soloist del Mariinskji, che ha colpito per sicurezza e padronanza tecnica, soprattutto nel ruolo della nera Odile. Il palcoscenico riempito di cigni, con lo sfarzo delle scene e dei costumi, non è una scena che si vede spesso in provincia, dato che quasi sempre le compagnie arrivano in formazione ridotta. Questo ha potuto far immergere ancora di più il pubblico in un’atmosfera unica e magica, che quasi si poteva immaginare di trovarsi a Pietroburgo.

Scena animata da contadini e Villi invece, per il secondo spettacolo portato al Ravenna Festival, Giselle. Un altro classico, questa volta del balletto romantico, che non smette di affascinare per la storia di amore eterno che racconta. Un primo atto colorato e leggiadro, tra gli intrecci dei fiori dei contadini, delle amiche di Giselle, delle danze dei popolani e della corte.  Apprezzabile il pas de deux interpretato da due giovanissimi contadini, Nadezhda Batoeva e Ernest Latypov. Un secondo atto bianco da togliere il fiato. Atmosfere lunari ed eteree, Villi dalle linee impeccabili. Viktoria Tereshkina è stata una Giselle da manuale, che è riuscita ad incantare tutti soprattutto nel secondo atto, con interpretazione e tecnica che sanno arrivare dritti all’anima.

Trilogia d’autunno si è conclusa con Trittico ‘900. Un filo rosso tra i maestri del secolo scorso che ha legato Fokine a Balanchine, e la musica di Chopin a quella di Stravinskij. La serata è stata aperta da Chopiniana, con cui il corpo di ballo del Mariinsji ha avuto modo di mostrare uno dei suoi cavalli di battaglia. Stile impeccabile, armonia, quadri di posa in cui tutto è perfetto, in un’atmosfera bucolica e impalpabile, in cui le creature danzanti sembrano quasi prendere il volo. A seguire Apollo, una delle prime creazioni innovatrici di Balanchine. Tutti gli occhi erano puntati su Kristina Shapran, una delle nuove stelle del teatri pietroburghese, che dal giorno del suo diploma all’Accademia Vaganova ha iniziato una carriera che la porterà sicuramente alle più alte vette. Tanto si è parlato di lei e le aspettative sono state esaudite: corpo flessuoso, piedi nati per ballare, linee che sanno essere allo stesso tempo morbide e lunghissime. Una vera promessa, che ha eclissato il protagonista maschile Xander Parish, un Apollo poco convincente, forse anche per l’immaginario che negli ultimi anni abbiamo di questo ruolo, interpretato dallo statuario Roberto Bolle. Sfarzo, virtuosismo tecnico e luccichio in chiusura di serata con Rubies, seconda parte dei Jewels sempre del coreografo che ha fatto la storia della danza americana. Elevazione, gambe e pulizia,  quelli del corpo di ballo in bustini di raso e velluto rosso, che ha catturato applausi e consensi.

Un evento davvero unico che si è concluso quindi nel migliore dei modi. L’operazione del Ravenna Festival di portare in Italia la grande tradizione del Teatro Mariinskji dovrebbe far riflettere. Abbiamo un’immensa fame di cultura e soprattutto di danza. Con l’augurio che altri teatri italiani possano seguire questa progettualità e dare occasione al pubblico del nostro paese di apprezzare le grandi compagnie mondiali che hanno fatto e continueranno a scrivere la storia del balletto.

Ludovica Mattioli

 

GALLERY DEDICATA AI TRE SPETTACOLI

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