Matteo Levaggi è un ballerino e un giovane coreografo freelance, ora direttore artistico del “Bird’s Dance Project” che sembra stia cercando sede stabile a Firenze. Il progetto frutto di anni di lavoro, ha debuttato al Teatro di Chiasso con Ali per volare, a gennaio, e si è riproposto il 7 marzo 2015 al Teatro Cantiere Florida in Prima Nazionale per la sua, diciamo, seconda prova: InVENTO, con Francesca Attolino, Alekseij Canepa, Elisabetta Guttuso e Gianni Notarnicola (ph: by Margherita Mana).
Il progetto nelle sue premesse ha già palese il significato di un volo creativo e libero attraverso un “vuoto” che potrebbe portare anche semplicemente all’espressione di un movimento (è concepito per tre brani musicali che saranno scelti dalla sorte la sera stessa).
Da una rigida impostazione tecnica di base classica, alla conferma presso il BTT con Loredana Furno (1993) come ballerino di talento, poi coreografo fisso fra il 2000 e il 2003, Matteo Levaggi ha spiccato il suo volo, guidato dalle correnti ascensionali come un uccello, verso una danza contemporanea dove il corpo ha la sua centralità nel processo creativo coreografico: Melodia, Trilogia, Primo Toccare White (2008) Black (2009) e Red (2010), Sexxx, solo per citarvi alcuni lavori.
Dove si trova Matteo Levaggi? In Italia, all’estero, oltre Oceano…
Biennale Danza di Venezia, Biennale de la Dance de Lyon, Théatre de Champs Elisée de Paris (per ‘Largo’ 2007), International Ballet Fest Miami, NY Choreography Institute (2014), con progetti aperti con il NYCB di Peter Martins; ora a Firenze. Andata e Ritorno, si possono seguire le sue molte creazioni di questi anni.
Lui si colloca da solo comunque, perchè parla di sé, si spiega, comunica se stesso non solo attraverso la danza: dice di cercare quell’istante di VUOTO fra un passo e l’altro.
Il suo talento potrà anche essere“improvvisazione”, ma Matteo Levaggi ha studiato (e continua a farlo) Balanchine, Forsythe, Cunningham: l’essenzialità del movimento, l’aspetto formale della danza; perciò questa ‘contemporaneità’ non è ibridazione di stili, teatro danza, rilettura di classici, pura performance (anche se l’abilità tecnica conta molto, tuttavia non meno dell’apertura mentale verso la ricerca di una fisicità pura e sentita)… il suo “InVentare” ha bisogno di spazio vuoto per colmarlo di movimento: lui “schiaccia” l’aria inafferrabile che ci circonda e mira a una purezza di forma, a una linearità, a una precisa gestualità, anche in continuo divenire, ma che recuperi una sorta di plasticità scultorea (osserviamo le scelte di scene, costumi e luci).
Il mio consiglio è di seguirlo perchè sicuramente è un personaggio in evoluzione e può essere considerato una nuova frontiera nel panorama internazionale della danza oggi.
Stefania Sanlorenzo