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Breve focus su Alessandra Ferri. TRIO CONCERTDANCE: il lavoro in studio_ la curiosità delle prove.


Nell’articolo di oggi parto da un video, per commentarlo e riflettere sulla danza in una suggestione stilistica. Perciò non mi riferisco a uno spettacolo che deve andare in scena, bensì che ha già debuttato la primavera-estate scorsa, anche in Italia (Prima Assoluta in Italia aprile 2015-Parma).

https://youtu.be/5SfySLvyeA8

video: Metamorphosis n.2 by Philip Glass

Coreografia R. Maliphant.

Interpreti: Ferri/Cornejo/Levingston.

Spettacolo: Marzo 2015 – Joyce Theatre New York

Vi parlo di un lavoro a tre che unisce non solo nomi di grandissimo talento, ma una concezione artistica che condivido e perseguo nelle ricerche e riflessioni intorno al mondo della danza.

Volutamente ho caricato un link delle ‘prove’ e non della realizzazione in scena, perché penso che alle volte si debba parlare di danza, quando nasce, nel momento più creativo, negli istanti in cui prende forma sulla musica e nei corpi dei ballerini, come attraverso le parole e le spiegazioni del coreografo, o del maestro che li segue, trasmettendo a sua volta la propria visione.

Si tratta di afferrare le prospettive che costituiranno l’insieme finito, l’errore anche da cui nasce il movimento cercato.

In questo caso poi il lavoro è già concepito su più piani, uno danzante e uno strumentale: la coppia Ferri-Cornejo e il pianista Bruce Levingston che esegue la partitura di Philip Glass, tra gli altri brani musicali (Ligeti, Bach, Chopin e Scarlatti…).

E dal momento che mettiamo in gioco celebrità, tanto vale usare una citazione del celeberrimo Balanchine.

Il termine tecnico “neoclassicismo” gli è cucito addosso. E ha svariate sfumature interpretative se lo si legge (e lo si fa, perché niente è più singolare di ciò che era già innovativo ‘ieri’…) nell’ambito contemporaneo, l’ ‘oggi’; lo stesso in cui si muove questo tipo di lavoro.

“Guardare la musica per sentire la danza”, diceva.

Che cosa nasce da un’idea di questo genere. Cosa nasce oggi… E come.

Intimo diventa il movimento, nella ricerca di questa grande ballerina e del talentuoso e vivace Herman Cornejo, passi e movenze studiati da lei nei piccoli particolari, come nelle prese e realizzati da entrambi in una intesa forte e a tratti seria a tratti allegra sintonia. Qualche sorriso ci viene regalato.

Non è enfatizzata la difficoltà tecnica, piuttosto si avverte il cercare un intrinseco richiamo del movimento puro e legato, che si possa “sentire”, perché la danza sia suggestione sonora.

Le nostre percezioni sono già nostre, ma se la danza funziona, si trasformano in qualcosa di nuovo che prima non ci apparteneva. Arriva da lì, da quel mondo artistico che ha un suo linguaggio e va oltre.

Così possiamo guardare la musica; e Levingston si fa guardare, così lo spartito e il pianoforte.

In questo video non ci sono oggetti di scena ma di lavoro: macchine da ripresa, un laptop, un cellulare per rivedere piccoli pezzi che sottolineano l’istante del gesto o del passo: una estensione, una rotazione, lo spostamento dei capelli, le mani che si toccano…. l’intimità dei corpi che danzano.

Ma altre mani sfiorano la tastiera e si innesta il terzo movimento: Trio ConcertDance. Che forse, a ben comprendere, è il primo. Quello musicale.

La musica, quindi, poi la danza come coreografia (nel video l’inglese Russell Maliphant, coreografo residente al Sadler’sWells di Londra; ma i brani sono diversi e portano altre illustri firme: l’argentino Demis Volpi, coreografo residente allo Stuttgart Ballet e la danzatrice e coreografa Fang-Yi Sheu di Taiwan e Angelin Preljocaj), e nell’interpretazione dei ballerini in duo.

Creatività ed emozione. Anche l’assonanza linguistica: Duo Concertant fu uno dei brani più celebri e originali proprio di Balanchine, nella sua incredibile collaborazione con Stravinsky (1932).

Dunque i rimandi sono tanti: due ballerini e un pianoforte, una musicalità che diventa movimento e danza, che fa sentire allo spettatore quelle note nere dello spartito di fogli bianchi, una ricchezza infinita, non credete? Fra le mani di artisti come Bruce Levingston, in questo caso.

Ma anche il rapporto diretto fra coreografo e danzatore, che è un modo di lavorare molto “contemporaneo”.

Si è divagato, parlando di “stile” in senso generale, ma ne è uscito un piccolo focus su Alessandra Ferri.

Trio ConcertDance è una delle tappe del rientro in scena di questa ballerina che dopo moltissimi anni ha deciso come una necessità assoluta di riprendere la danza. Tuttavia per interpretare ruoli di un differente sentire, a cominciare forse proprio da una diversa percezione di sé.

The piano upstairs aveva dato il via, poi Chéri, tratto dal romanzo di Colette, un duo

proprio con Herman Cornejo (regia e coreografia di Martha Clarke).

A Londra il lavoro di Wayne McGregor su Virginia Woolf (Woolf works) e, come vi abbiamo preannunciato sul Portale IoDanzo, adesso l’impegno nelle prove per il balletto ispirato a un’altra figura femminile, Eleonora Duse, plasmato su di lei, in questa “nuova veste”, dal genio di John Neumeier e previsto per il 6 dicembre 2015, in debutto ad Amburgo.

Stefania Sanlorenzo

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