LO SCHIACCIANOCI è un balletto d’inverno, rappresenta un appuntamento fisso del periodo che comprende le festività natalizie, ma ci è concesso scostarci dall’idea solo del Natale e del Grande Abete, per la produzione che viene nuovamente presentata al Teatro Alla Scala di Milano a febbraio 2016, che segna il ritorno della coreografia firmata dallo spagnolo Nacho Duato (debuttò nel 2014, precedente stagione).
Si alterneranno, tra il 9 febbraio e il 13 marzo 2016, serate con coppie diverse per Clara e il Principe-Schiaccianoci: i Primi Ballerini, i Solisti e il Corpo di Ballo del teatro milanese e nelle date 9, 11, 16, 18, 28 febbraio 2016, gli attesissimi Bolle-Eichwald, ormai distintisi in questi ruoli, nei quali debuttarono con successo nel 2014 e che anche quest’anno aprono in prima serata.
Eleonora Abbagnato aveva scelto lo stesso titolo per l’Opera di Roma, affidando invece a Peparini la coreografia: altro stile, altra progettualità, stesso balletto del repertorio tradizionale su musiche memorabili di Cajkovskij, dirette in questo appuntamento Alla Scala, (tranne la sera del 13, dove sul podio ci sarà David Coleman) dal maestro Vladimir Fedoseyev.
Il pensiero non è raccontarvi il balletto, la cui celebrità credo supplisca i dettagli della trama, perché tutti conoscono la favola costruita sui due fronti. Lo zuccheroso viaggio, fra dolci e delicati fiocchi di neve, animato da lirici passi a due sotto le stelle e dallo scontro con il Re dei Topi; poi la parte delle danze, ricca e coloratissima: una vera fantasia.
Mi piacerebbe dirvi che c’è qualcosa di “nuovo”. La coreografia classica era quella di Marius Petipa e Lev Ivanov del 1892; con Duato il tocco è dissimile e pur rispettando il costrutto tradizionale, esalta forse l’aspetto dell’amore fra Clara e il Principe, che è uno dei temi più rivisitati nelle moderne versioni.
Elementi di spicco direi, in chiave leggermente più ‘neoclassica’ sono le scene e i costumi di Kaplan, con un ruolo notevole, nel rispecchiare l’eccellenza ma anche l’eccentricità ben mirata del talentuoso artista francese; la musica che è stata un poco tagliata, la morte certa, alla fine del I Atto, per il Re dei Topi, poi le danze, il tutto percepito in modo più leggero e minimalista (ambientazione a inizio secolo scorso), sia nell’insieme, sia nell’espressività cercata dal coreografo e che i ballerini sembrano assecondare.
Duato stesso dice di aver puntato non sull’aspetto virtuosistico del balletto, che tra l’altro è tecnicamente meno esigente rispetto alla Bella Addormentata, per esempio, spiega nel confronto, e di aver messo in luce la favola e il lirismo dei sentimenti. Bolle contiene i salti e le atletiche performance e Eichwald mostra un delicato equilibrio interpretativo e tecnico (i bei balance e il controllo perfetto delle promenade e delle prese).
Le danze sono molte e danno spazio alla creatività e al sentire più libero e meno accademico e anche visibilità per i ballerini interpreti, e questa è un’ottima prospettiva. A essa si aggiunge, la novità della figura di Massimo Murru, una delle colonne portanti del Teatro scaligero, come maître de ballet per i solisti del Corpo di Ballo. Un ruolo impegnativo che, grazie a una personalità ricca come la sua, potrebbe lasciare un buon segno, dal momento che si occupa della qualità, delle abilità tecniche ed espressive dei ballerini a livello anche giornaliero, come professore di danza.
Un pubblico anche non tecnico sa riconoscere la qualità, perché la percepisce. Dunque è proprio l’emozionalitàciò che cercherei e che rischia invece nella ripetitività di non riaffiorare e di spegnersi lentamente dietro un prodotto ineccepibile, che chiama l’applauso, ma su di una emozione troppo fugace.
Con Duato il sentimento è ripresentato in scena nel linguaggio classico, in un minimalismo appena ironico e dosato nei movimenti, cosicché Lo Schiaccianoci possa offrire al pubblico un pezzetto di magia un poco più fresca, senza snaturarsi.