Parlai della Compagnia Zappalà Danza intorno al programma estivo 2015, che li ha visti protagonisti di un tour impegnativo Italia-Estero, nel quale portavano nuove produzioni e altre frutto del lavoro di questo insieme che vede Roberto Zappalà come coreografo e direttore artistico, il contributo drammaturgico di Nello Zappalà, la figura della danzatrice francese Maud de la Purification e certamente i ballerini della compagnia (fra i 7 e i 10 elementi): qui, Gaetano Badalamenti, Alain El Sakhawi, Liisa Pietikainen, Roberto Provenzano, Roldan Ferrer e Ilenia Romano.
“Anticorpi” è un brano difficile in tutti i sensi. Difficile da seguire, difficile da interpretare senza una linea guida, difficile da digerire in una serata a teatro. Nasce nel 2013-Premiere il 2 maggio a Reggio Emilia.
Gli applausi sono stati molti, qualche mormorio, in verità erano efficacemente meritati per la perizia tecnica dell’esecuzione, per la fatica fisica che un pezzo coreografico di questo genere richiede, per lo sforzo di arrivare a un pubblico con una creazione complessa.
Il senso drammaturgico è stato molto forte. La gestualità convulsa raramente diventava un movimento danzato completo.
La danza lascia maggior spazio alla ricerca di una gestualità comunicativa, che deve raggiungere differenti livelli. Lo spettacolo stesso è in verità una evoluzione del suo punto di partenza.
Una ricerca più che un senso compiuto. Vagano i corpi e vaghi sono i loro scatti studiati. La musica supporta poco, evidenziando maggiormente il lato ossessivo del muoversi su di una scena che nella sua caoticità è in realtà ben gestita, fatta di tutti pieni: vanno e vengono i ballerini, corrono, si fermano in assoli o coppie appena sfioratesi nel gesto simile, che poi diventa uguale, ripetitivo, ma mai in assonanza.
Dunque questi corpi in scena sono gli Anticorpi innescati dal virus, la cui azione sottile genera il caos iniziale, ma lentamente porta a una sorta di coesione.
Lo slittamento tematico fa sì che il corpo infettato, con reazione e controreazione, non sia quello di un singolo, ma sia la società nel suo insieme (ecco gli inni nazionali come lo scioglilingua dialettale) di individualità che cercheranno un punto di contatto; come se il virus (il mondo con tutto ciò che contiene) potesse essere arginato da tutto ciò che nel mondo, “virus” non è.
Stefania Sanlorenzo