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“Certo che ho controllato, ho mandato ben due mail”.
Parlo con Stef al telefono, ma un retro pensiero spinge verso la parete frontale del mio cranio: perché sulla scrivania c’è questo pasticcio? I miei coinquilini sono un disastro; un momento! Io sono stata l’ultima a uscire…
“Stef mi sa che sono venuti i ladri”
“Ma ci sono ancora?” , domanda lei con un inevitabile allarmismo, che io sul momento non considero. Mentre mi diventerà chiaro dal salire di ottave dovute al panico, che io agevolo involontariamente.
“Non saprei… Vado a vedere; se non mi senti chiama la polizia”.
“E DOVE LA MANDO CHE NON SO DOVE ABITI!!!”
Ecco non è che avesse tutti i torti! Ma io dovevo ispezionare la zona subito, perché quel pensiero mi dava proprio fastidio. Un fastidio fisico, non solo mentale…
E, infatti, ora sono fuori che guardo la mia bellissima porta a vetri sfondata.
Non mi è mai passato per il cervello di trincerarmi dietro a barriere e inferiate, un po’ per non dare l’idea di avere chissà cosa in casa, ma anche perché non voglio vedere il mondo dalle sbarre di una galera. Ugualmente mi meraviglio, se la mia sfera personale viene toccata. La porta asseconda l’entrata nella mia casa, o perlomeno ostacola poco. Credo che Stef lo stia enunciando, sento la sua voce dal cellulare che ho in tasca, in quanto in mano almeno un ombrello l’ho preso.

Il collegamento alla danza contact improvisation per me è un baleno. Ci sono due corpi che danzano improvvisando insieme (due, ma possono essere molti di più); lasciano il loro peso all’altro o lo ricevono, ostacolano o assecondano.

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La Contact Improvisation ha due punti essenziali di sviluppo: il contatto e la fluidità. Anche se oggi si parla molto di questa ‘tecnica’, si dovrebbe fare un salto indietro alla New York degli anni ’70, recuperando un personaggio, Steve Paxton (oggi ha 77 anni), che può essere considerato l’ideatore della prima forma di Contact Improvisation.
Come è naturale che sia, nulla nasce dal nulla, e se anche osserviamo i filmati, appare evidente una commistione con altri tipi di movimento che attingono a discipline diverse dalla danza: Aikido, per esempio, TaiChi. E di sperimentazione della ricerca sensoriale attraverso la meditazione.
Tecnicamente potrebbe nascere come una propedeutica conoscenza delle potenzialità del movimento del corpo, e quindi una ginnastica per i danzatori; oggi rientra in uno degli stili della danza contemporanea, e in questo caso prende vita proprio ‘la performance’ (con pubblico). Tanto per distinguere la Jam e la Open Session, senza spettatori e senza preparazione adatta a un vero e proprio spettacolo.
Questo è quanto si potrebbe spiegare in modo molto sintetico, rispetto a qualcosa che è presentato in diverse occasioni di stage e concorsi e corsi vari….
Poi c’è quel curioso aspetto di collegare ciò che ci circonda a noi stessi. Perché voglio dire, non è che a tutti vada, un bel giorno, di rotolarsi cadere o pensare di volare, sfuggendo alla legge di Newton, così tanto per svagarsi. Ma neanche di essere derubati a casa propria!!!
Mettiamola nei termini in cui me l’ha raccontato Margherita
Annabeth e Joel

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Bisogna sentire dove sarà l’articolazione libera dal peso e vedere come incastrare un movimento e lasciare che questo succeda. Certo perché io ho lasciato che entrassero in casa, anche la mia assenza era un invito. Come lo è un’assenza di dinamica, una pausa, uno sguardo che comunica la possibilità di interazione.

“Credo che abbiano usato un piede di porco per forzare la porta, come io stessa avrei usato le leve per spostare un corpo più grande del mio”, dico a Stef, in questo strano sovrapporsi di riflessioni, in parte dovuto all’accaduto, un poco mi scoccia.
La cosa che più ho fatto fatica a imparare, quando si parla di contact, è affidare, senza prima un accordo protocollare, diciamo, il mio peso. Già perché la questione è che se vuoi vedere come andrà a finire, essendo una improvvisazione, devi lasciare che succedano delle cose che forse non padroneggi del tutto. Perché esse avvengano, devi permettere che il corpo lavori autonomamente senza troppe mediazioni su forma e contenuto.

Se faccio “Contact” devo avere almeno due motivazioni, la fiducia, potenziando cioè la mia capacità di relazionarmi con gli altri. E poi un rapporto particolare con il senso della fisica, per cui non pretendo di annullare la gravità, ma di usarla per ciò che è, una forza che può tornare a mio vantaggio. Quindi lavoro su un piano interiore emozionale (che devo condividere con altri; perciò mi apro all’esterno) e su di un piano sensoriale, esteriore, che prima di tutto prevede il punto di contatto con il pavimento e poi con il corpo di un altro, che a sua volta fa la stessa cosa, senza essersi messi d’accordo. Stef razionalizza e puntualizza…

“Cioè io un salto in slancio, chiuso in pas-de-poisson senza che il mio partner lo sappia, non credo che lo farei!”, mi dice. Infatti, è la questione dei codici rispetto all’improvvisazione. Qui il movimento è semplice e continuo; contatto può essere avvicinamento come allontanamento.
Può accadere di trovarsi in situazioni scomode o in netto contrasto con le leggi della gravità che affliggono il nostro pianeta, ecco lì inizia il bello. Devi fidarti di te o meglio, di una parte di te che sicuramente troverà la soluzione. L’errore non esiste, è solo una possibilità tra le tante. La percezione di quello che stai facendo è amplificata dalla necessità di vedere e sentire cosa fa l’altro; puoi gravitargli vicino, danzare contrappuntando il suo ritmo, rompergli le scatole oppure copiare esattamente ciò che fa come davanti a uno specchio. Questo dipende da come stai modellando ciò che fai: lo spazio, lo stato d’animo in cui si è entrambi.
Come un viaggio emozionante, un giro di giostra mai uguale, con mille variabili, perché danzato senza codice, da esseri umani che spesso hanno le loro difficoltà: l’IVA da pagare, male allo psoas. Ti puoi fidare del tuo compagno d’improvvisazione, perché anche lui ti affiderà il suo peso prima o poi…

Riassumendo: ho lasciato la mia sfera personale poco protetta e trasparente (la mia porta a vetri) così, usando le leve, sono entrati nel mio rifugio (la mia fiducia) e hanno scombussolato le mie certezze (si concordano i passi per non farsi male).
Se ne sono andati lasciando il mio mondo con una forma differente da prima.
Stef sarebbe per varie modalità di antifurto, che mi elenca ordinatamente.
Siamo complementari, noi due, non uguali.

“Non riesco a dispiacermi, Stef, non mi hanno preso nulla.”

M & S (Margherita Mana e Stefania Sanlorenzo)

https://youtu.be/9FeSDsmIeHA (contact 1972)

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