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Il Balletto “La Esmeralda” è liberamente tratto dal romanzo di Victor Hugo: ‘Notre Dame de Paris’.
La trama del balletto semplifica la struttura letteraria, ma in qualche modo mantiene il senso spiccato del gusto per la descrizione dei personaggi, tipica della mano dello scrittore Hugo.
Tuttavia i personaggi rispecchiano più degli stereotipi che spingano la mente a un certo simbolismo, ripreso, in arte, in forme e tempi storici molto diversi; modificando inevitabilmente l’approccio scenico, drammaturgico e persino il finale da tragico a lieto e romantico (nel balletto è così).
Allora tutti noi abbiamo sicuramente un pensiero che al nome di Esmeralda evoca delle sensazioni, dei ricordi e un appagamento o una delusione come percezione personale.

In un balletto, anche in una semplice variazione (e io già penso a quella del “TAMBURELLO”), l’impatto visivo ed emotivo è pressoché immediato, rispetto alla lettura, che agisce su filtri differenti.
Nel balletto spesso cambia anche ciò che va in scena, per esempio la variazione cui pensavo io è stata introdotta dopo su altra musica (1899, musica di Marenco) rispetto alla prime versioni ( su musica di C. Pugni e coreografia di Jules Perrot, che danzava con Carlotta Grisi (1844); e poi il balletto d’azione di Petipa, (1886 musiche di R. Drigo). Le versioni poi recenti furono dalla Vaganova (1935) per approdare alle rielaborazioni in USA nel 2004, al Bolshoi nel 2009, e la versione del 2011 di T. Candeloro.
Queste sono contaminazioni diacroniche: pensiamo anche al passo a due di “Diana e Atteone”, seconda variazione inserita e poi tolta e lasciata spesso a vita propria; così come la variazione del tamburello è ancora un cult dei concorsi (tanto per dire).

Con Roland Petit e la musica di M. Jarre cambia l’atmosfera. La danza si tinge di colori e passaggi del corpo di ballo presenza forte in scena.
Phoebus, Frollo, Quasimodo (interpretato anche dal nostro Roberto Bolle alla Scala) ruotano intorno a una figura di donna, Esmeralda, dipinta come una zingara, ma in verità di origini egiziane. Conturbante, sensuale, innamorata ma inconsapevole dell’amore che in diverse forme drammaticamente la circonda.
Eppure mi chiedo: Chi è Esmeralda? Perché pare che questa donna, cardine di un intreccio pericoloso (che svolge da trama) non sia consapevole: amata fra ‘amanti’?
Stef, ormai tu mi conosci e riconosceresti la mia descrizione adolescenziale, perché ci siamo conosciute allora…”
La Marghe mi guarda: sono ospite da lei. Avevo bisogno assoluto di una vacanza. Sono stravolta! Dunque credo di fissarla anche io, perché questa trascrizione del balletto era cosa liscia, tranquilla; ne avevamo parlato, avevamo deciso, almeno io credevo così. Eppure quando le chiedo di descriversi quale Esmeralda, ecco quello sguardo.
***
“Sì, Stef, ora si può pensare che io sia una personcina che mette cura in quello che fa…” E lo dico, notare bene, mentre rovescio il thè anche un po’ sull’alzata sbrecciata sulla quale svettano dei biscotti bitorzoluti, che ho modellato con le mie sante manine.
“Non sono sempre stata così, mi sono sforzata !”
Scolo il thè dai biscotti, un secondo dopo con le mani sporche di marmellata che ovviamente macchia i miei manufatti, controllo un messaggio sul cellulare biascicando a bocca piena. “Una volta avevo l’avventatezza di imparare le variazioni classiche dai video. Le guardavo due volte. Per me le sapevo; le provavo ed ero a posto, pronta..” Sì, perché una volta la danza che potevi guardare e riguardare passava attraverso i VHS, che dopo un po’ cominciavano a fare le rigacce e i pixelloni. Le cassette erano registrate da programmi tv, spesso presi da metà, quasi mai con l’utilizzo del timer perché prevedeva lo studio delle istruzioni del videoregistratore, che diciamocelo fuori dai denti, non ha maimaimai letto nessuno. Ecco ma torniamo alla mia estrema accuratezza nel fare le cose. Per me, anche per la danza, l’apprendimento e l’esecuzione doveva scorrere liscio e conseguente. Non è che si poteva star lì a studiare il come e il perché un passo non veniva proprio bene. Sono molto cambiata, tranne per la fabbricazione dei biscotti; ma nella danza sì!
Quindi ti dicevo, Stef, Esmeralda rappresentava questo. Una cosa da rubare e provare il giusto, non che per me non fosse difficile da fare, al contrario, ma ero sicura che provandola per ben 2 o 3 giorni di fila sarei migliorata tantissimo”… …
Va bene, Marghe, si migliora ottimizzando! Quanto a Esmeralda?”

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Esmeralda è vista come una zingara sensuale e libera. Corre e attraversa le vie di Parigi in superficie o nei sotterranei e, in qualche modo, estrapolandola dal contesto, il suo personaggio sta sospeso fra due dimensioni: gira con una capretta, Djali, anche lei appoggiata al mondo fantastico delle gargouilles, veri e propri mostri, chimere, ma Esmeralda ha sempre un piede nella realtà cruda di chi la desidera e poi la farebbe anche condannare a morte e l’altro dunque nella fantasia di una Notre Dames persa nei tramonti di storie intrecciate di amori diversi.
Inevitabilmente gli abiti da gitana e Djali al fianco fanno scattare chiavi di lettura conosciute.
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Gli zingari erano danzatori, o violinisti, lei si porta il tamburello che cadenza la sua danza e ne fa l’oggetto col quale condividere il proprio virtuosismo.
***
Tecnicamente usare un oggetto mentre si fa una variazione classica non è facile; un oggetto che suona molto difficile… – pensa a voce alta Marghe – Anche Kitri ha una variazione con le nacchere, nel primo atto di Don Q, ma è molto breve e non suona veramente. Esmeralda suona il suo tamburello con gomiti, mani e piedi mentre porge sfacciatamente il collo e lo sguardo di sotto in su. Forse è la prima ribelle!!!”
La prima eroina fieramente vittima di circostanze. Per il balletto è qualcosa di anomalo. Eroina di Hugo, passata sotto le mani di Jules Perrot, un po’ edulcorata, un po’ sottolineata. Tutto questo nel 1844 a Londra.
Lo abbiamo detto vero?”, mi chiede Marghe finendo il suo thè. Io annuisco, digito ancora sulla tastiera che porta le tracce dei biscotti della mia amica ballerina.
Lo abbiamo detto: il simbolismo dell’aspetto zingaresco, del suono del tamburello per le vie di Parigi e di Djala che la segue fino alla fine, hanno accompagnato nei secoli un personaggio che era molto più di moderna lettura.
L’amore si unisce agli aspetti della drammaturgia, ma io sono convinta che sia diverso ciò che prova Esmeralda, sincera e audace, rispetto a quegli amanti che infatuati sono disposti a perderla per sempre, come se improvvisamente tutto ciò che lei è realmente, sia così fugace e leggero.
Non è così. Sentite il ritmo cadenzato del tamburello?
Ascoltatelo, parla di lei!

Margherita Mana e Stefania Sanlorenzo

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