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Ho capito che oggi dovremmo andare avanti e tornare indietro, dal particolare al generale. Che ne dici Stef? Comincio.
– Ma quante Giuliette ci sono? – Mi chiede mio figlio ottenne che ritiene uno sgarbo personale essere stato trascinato a vedere un balletto in cui, peraltro, non muore nessuno per mezzo di una spada laser.
Arriviamo alla chiesa sconsacrata di Santo Stefano A Ponte al tramonto; Stef, mio figlio (la vittima), la nostra amica Gemma ed io. Il sole cala dietro a ponte vecchio e rende l’Arno dorato che pare una scena di “Camera con vista”. Bisogna comunque che vi dica che ho mal di piedi, fa caldissimo, ho sete, siamo in ritardo. Così tanto per dirvi che la bellezza è una coincidenza, ma il mal di piedi una certezza.
– Tante, Achille, siamo tutte un po’ Giuliette, noi ragazze – Lo liquido così, tra un paio di anni forse mi chiederà spiegazioni di quest’assunto, per ora mi chiede solo se di Lara Croft ne hanno mai fatto dei fumetti. Rispondo distratta soprattutto perché sto guardando i pannelli (4 di due metri, 1 almeno di cinque metri di altezza), che ci rimandano le immagini girate da me e Riccardo Mari.
Ci è stato chiesto da Alberto Canestro, direttore e coreografo della Lyric Dance Company, di fare delle riprese video che potessero accompagnare la sua versione coreografica del dramma dei due amanti e ci siamo adoperati per farlo al meglio (cioè io ho fatto l’assistente, il lavoro sporco e parlo sostanzialmente delle immagini, del montaggio e della spedizione nel giusto formato, è merito del Mari. Va detto che i tempi di durata delle immagini li ho presi io, se qualcosa fosse andato fuori sincronia mi sarei appesa per i piedi al campanile, visto che il mio lavoro dal lato pratico, è stato sostanzialmente quello.). Abbiamo appunto accompagnato l’andamento della danza, creando una sorta di controcanto visivo. Una doppia voce che rimandasse la stessa melodia usando però, un’altra tonalità e un altro linguaggio. Soprattutto pensando di fare qualcosa che riportasse tutto a una certa atemporalità e fosse neutro; una tela con immagini che si muovessero in maniera impercettibile, che creasse assonanze ma non fosse qualcosa di debordante rispetto alla delicatezza della danza di Alberto. I suoi danzatori sono linee che ne disegnano altre, ognuno con misure diverse, ma stilisticamente omogenei e in “ruolo”. Il balletto scorre e in effetti tutte le danzatrici incarnano Giulietta. Ecco perché mio figlio mi chiede il perché di tanta abbondanza; la mia preferita è Elena Barsotti bravissima danzatrice: ha imparato il balletto in tre giorni e danza come se fosse spinta da un alito di vento. – In tre giorni?? Noi ci mettevamo un anno a montare il saggio!! – E’ il commento della nostra amica Gemma mentre si sventola con un programma dello spettacolo. – Ok, fuori poi ti spiego Gemma. Davanti a un frullato che sembra al cioccolato ma non lo è, ti spiego tutto. La questione della memoria del corpo e tutto il resto. –
Tante Giuliette dalle belle chiome con le quali giocano, esattamente come fanno le adolescenti per nascondere la propria timidezza. Romei pronti a scompigliare i capelli e i sentimenti. E’ giusto; ho come la sensazione che la storia d’amore dei due adolescenti contenga tutte le caratteristiche di tutte le storie d’amore che si concentrino in un brevissimo lasso di tempo.Tutte. L’altro giorno a Milano passeggiando per il mercato, sento una canzone di Julio Iglesias, il favorito delle mamme italiane della generazione della mia: il testo mi folgora. ” Non sai che male fa, innamorarsi alla mia età”.
Beh Julio, ti giuro che Julietta potrebbe dire lo stesso!!
Da Milano è tutto, passo la palla a Torino dove la nostra Stef ci racconterà delle sue Giuliette e Romei, a voi studio.
***
In verità è tutta l’estate che in qualche modo Giulietta e Romeo incrociano le nostre strade. Percorsi che sono affini al lavoro che facciamo ma in momenti che sono stati e avevano i profumi della vacanza.
Io ho visto la Giulietta di Monteverdi a Vignale Monferrato e ve ne ho parlato…. una nostra comune conoscenza ha visto la Giulietta di Preljokaj. Si tratta di coreografie di molti anni fa. Nel mio caso era stata rimontata per il Balletto di Roma.
Insomma senza volerlo gli amanti shakespeariani sono diventati una questione personale, anche se in modo diverso.
Ho sicuramente trovato più coinvolgente la Giulietta delle colline monferrine, anche se l’acqua che scorreva sulla tela alle spalle delle Giuliette di Canestro mi ha lentamente trasportata fra visioni più forti di quanto forse uno potesse aspettarsi.
Preljokaj di persona non l’ho rivisto, recentemente, quindi posso solo dire che in effetti se un balletto ha venti o trent’anni, ‘datato’ lo è; tuttavia in danza il tempo si conta in modo diverso (sempre in ottave? Non credeteci…. forse non si fa più neppure quello). D’altra parte ritengo anche normale che una coreografia porti con sé pure qualcosa degli anni in cui è stata creata. Non dobbiamo rileggere tutto in una chiave temporale diversa. Dobbiamo saper leggere, distinguere, capire. Le emozioni sono volatili. Le percezioni sono sensibili…. così soggettive da far paura.
Proviamo ogni tanto a pensare che ci siano aspetti concreti intorno a noi, e che questi meritino un attimo di attenzione. Vorrei dire accurata attenzione, ma non oso.
Giulietta per me è molte realtà e una sola. Le coreografie sono lavori: costrutti mentali, fisici, oggettivi. Quello che si dice alle volte è uno svolazzare di parole senza senso alcuno. Ma tutti le ripetono.
La cosa che mi sento di consigliarvi in questo momento di grande trambusto personale è quel frullato che bevemmo noi, in una sera d’estate a Firenze: Margherita, Gemma e un bambino che mi dava ancora la mano per strada.
“Giulietta è come l’acqua”, disse il coreografo…. come l’acqua; e per una volta voglio credere a una frase così: la lascio scorrere su di me come faccio con l’acqua sotto la doccia.

Margherita Mana e Stefania Sanlorenzo

ph: dal Film, la prima Giulietta che vidi…. Olivia Hussey

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