di Margherita Mana
Ci sono delle persone così trasparenti e sfaccettate che mi pare impossibile non siano cristalli.
Le riconosci per quella luce in fondo allo sguardo, sempre intente a correre dietro alle loro visioni che come un caleidoscopio si moltiplicano, dando forma nuova e rigenerata a figure conosciute. Questa corsa a perdifiato per cui tutti gli autori scaldano i muscoli dell’immaginazione, credo sia di fatto la costruzione di un proprio linguaggio; che sì, è simile ad altri, ma personale per composizione e sintassi. Non è detto che le loro creazioni siano sempre piene di luci e intuizioni, ma apprezzo molto il tentativo, la propensione alla scoperta e rappresentazione inedita delle umane vicende. A proposito…
L’altra sera sono andata a fare delle fotografie per il nuovo spettacolo di Julie Ann Anzilotti: “Per Silenzio e Frastuono”. Ovviamente piove, io viaggio con lo scooter, sono in ritardo e vestita da bidella, ma con molto meno charme. Per me è sempre stranissimo andare a fare delle foto agli spettacoli; per prima cosa mi godo poco quello che avviene essendo impegnata ad acchiappare persone in volo, guardando dentro un mirino non hai la visione d’insieme e non è poco. Come secondo punto a sfavore c’è, che al pari della scrittura, la fotografia non è il mio mezzo e quindi devo mettere estrema attenzione in quello che faccio. Insomma non vado sciolta, non rifaranno lo spettacolo per me se sbaglio, dunque controllo e ricontrollo, sono tesa. Terzo punto dolente, è il terrore di disturbare gli altri spettatori; capirete che in uno spettacolo dove c’è un bel po’ di silenzio, annunciatomi da Julie, avevo un’ansia che mi alzava di peso, faceva la spesa alla coop e mi consigliava un posto per le prossime vacanze di Pasqua; insomma aveva leggermente preso il sopravvento.
Poi è iniziato.
Il bello del silenzio è che non lo è mai, nel senso che è solo una congettura formale. Il silenzio è impossibile, anche qualora fossimo chiusi in una camera insonorizzata il nostro corpo emetterebbe suono, penso al battito cardiaco o al respiro. Il silenzio che intende Julie Ann, credo sia attinente ad una situazione atemporale in cui non vi siano rumori invasivi. Una sorta di bolla all’interno della quale la volontà si traduca in movimento eloquente , ed esso a sua volta musica per gli occhi. Lo sapeva bene Josè Limon con il suo “Unsung”, (la storia degli indiani pellerossa, raccontata “senza suono”). Questo spazio privato da rumori preponderanti, diventa grande , pare allargarsi, fa posto ai pensieri. Dopo un po’ questo movimento sonoro, che chiama in causa lo sguardo e poco le orecchie, viene enfatizzato con pochi suoni: cicale, una sillaba, un battito di mani. Tutto è chiaro e luminoso, la mia macchina fotografica ringrazia, io sono rilassata e me la godo, che bello. La dimensione onirica si sfalda gradualmente, quando il movimento silenzioso di complica in quartetti e unisoni che, repentinamente si spaccano in canoni.
Poi arriva la musica che cambia tutta l’atmosfera. Ed è come un ritorno in città dopo le vacanze estive, un altro livello nel video game, la ricollocazione della vita in uno spazio quotidiano, meno metafisico, forse più stretto e meno confortevole anche se gioioso e sociale.
“Per Silenzi e Frastuono”: molti i silenzi perché ognuno ha il suo; il frastuono è uno ed è alimentato dai silenzi di tutti.
Questo brano coreografico è costruito con maestria e delicatezza, danzato con abilità e slancio dai danzatori della compagnia XE.
Prendo il mio scooter e vado a casa sotto l’acqua.
Applausi.
Sipario.