di Stefania Sanlorenzo
Sono giorni, forse settimane che non scrivo. Di nulla.
Sono mesi che vivo una crisi lavorativa per cui neppure “Agrippina mia” e lo humor facebookiano riescono a ridarmi una dimensione più leggera.
Non aggiungo lamentele a lamentele più che motivate fra insegnanti di danza, coreografi, ballerini e via dicendo. Non serve, la Marghe è un anno che mi dice che cosa dovrei fare. Okay, Mana! Lo farò, con una profonda delusione lo farò, libererò la mia persona dalla schiavitù di una fra le troppe scuole di danza di questo panorama fungino che mi chiedo come faccia a sopravvivere dignitosamente.
Non sono mai stata prevenuta riguardo alle piccole realtà nelle quali “fare danza” sia vissuto come un valore aggiunto a tutto ciò che normalmente fa la gente comune, oggi. Non ho mai pensato che l’eccellenza fosse solo dove ci sono tanti soldi, grandi nomi, echi televisivi… coppe o medaglie. La danza è arte e per esistere ha bisogno dell’uomo. Del suo potenziale, del suo essere, del suo esprimersi.
Un passo diventa un movimento quando comunica qualcosa, se no, rimane un semplice spostamento nello spazio. Si deve studiare danza come per ogni cosa che si voglia imparare: non posso leggere neanche una frase di un biscotto della fortuna, se non conosco l’ABC. Se poi volessi capire Dante, Leopardi o Manzoni… non me ne vogliate, in qualcosina di più dovrò necessariamente applicarmi. Ho capito che è presunzione gestire una scuola di danza senza conoscenze specifiche; e che pensare di aiutare condividendo le proprie è tempo sprecato. E qui non si parla di certificazioni cartacee del cui valore nutro profondi dubbi e quel che vedo muoversi mi fa un poco paura. Si parla di competenza artistica, di conoscenza del mondo della danza, della sua evoluzione, di curiosità, di sperimentazione e di ricerca. Esiste una intelligenza artistica. Ammetto che sia messa a dura prova, ma quale forma di intelligenza oggi non lo è?
La commercializzazione della danza è come trafugare un’opera d’arte.
Dirò ancora tre cose scomode:
1 Esiste un repertorio ottocentesco e un repertorio contemporaneo; bisogna conoscerli perché sono un patrimonio umano universale.
2 In Italia la danza è bollecentrica. Nono, non va bene fermarsi lì. Andate avanti, scoprite.
3 Tutti i corsi che nascono per farti sentire una ballerina sono marketing. Cioè fate pure esperienze sulla danza con entusiasmo, ma se plasmo un vasetto con il didò, poi non vado a raccontare che sono il Bernini. Abbiate rispetto.
Ora veniamo alla parola “amatoriale”. Già perché le parole sono perle preziose nella bocca di tutti… Che problema c’è a saper stare zitti, se non sai di cosa si sta parlando?
Devo chiarire un concetto: se dico che una bambina di 10 anni non può iscriversi a danza e venire se e quando e come le pare, non ha nessun senso rispondere che ‘fa danza in modo amatoriale’ contrapposto all’idea del ‘professionale’ (presumo). I nostri figli studiano ma non credo che tutti vinceranno il Nobel; ma manco il premio dell’anno. Tuttavia la società vuole che vadano a scuola con regolarità e partecipazione.
La danza è davvero una grande prova nel crescere come essere umano. Attraverso la danza vera devi mettere in gioco te stesso, la tua fisicità, il tuo cervello, la tua sensibilità. Danzi nello spazio e nel tempo…. diventi parte di esso.
“Scusiiii, a che ora finite oggi?”, aria di rimprovero, spazientita. Segretaria nel panico, Direttrice confusa. Confusa da cosa? Dal fatto che quella bambina è una retta? Dal fatto che i genitori assalgono senza pudore alcuno lo staff? O perché è la prima a non crederci, a non vedere, a non capire?
“Mah, quando finisceeeee?”
“Mai!”, rispondo, stanca. So che sono una privilegiata. “Mai….”
Il sipario si chiude, andate in vacanza. Fate un viaggio con una valigia vuota e tornate avendola riempita di emozioni vostre e sane.
si ringrazia per fotografia copertina by Kopikutyifan …..una farfalla vola lontano