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Settembre è un mese di avvio. Attività, scuola, programmazioni. Per questo ho scelto di dedicare questo articolo a tutte le insegnanti che si apprestano ad accogliere allievi ed allieve al ritorno dalle vacanze. Confermare le proprie competenze è a mio parere davvero fondamentale per offrire agli utenti delle vostre scuole adeguato apporto formativo. Niente compiti delle vacanze ma un po’ di ripasso non può quindi che giovare. Se tu che leggi sei invece genitore di una futura allieva o di un futuro allievo puoi trovare nei prossimi articoli le indicazioni specifiche per comprendere se la scuola che hai scelto e l’insegnante che lavorerà con i tuoi figli sono validi ed adeguati.

Attraverso il coinvolgimento di tutta la persona, corpo, mente ed emozioni, la danza utilizza e trasforma il movimento in una manifestazione individuale, sociale ed artistica:

individuale perché offre la possibilità di esplorare ed esprimere la propria sensibilità emotiva, favorendo l’autostima e l’iniziativa personale, sviluppando un atteggiamento conoscitivo e forme di pensiero creativo;

sociale perché come attività di gruppo stimola la capacità di attenzione e di rispetto nei confronti degli altri e del loro patrimonio culturale, migliorando comunicazione e relazione interpersonale;

artistica perché da sempre stimola ed aiuta l’uomo ad esprimersi attraverso forme e codici estetici che palesano differenti visioni della realtà nei diversi periodi storici e nelle diverse culture: si arriva così a comprendere che non tutto ha risposte univoche e spesso è necessario considerare più prospettive ed andare alla ricerca di soluzioni creative.

L’insegnante di danza dovrà essere:

Tecnico:  non solo insegna la dinamica del gesto e dell’azione propri di una disciplina ma studia e programma le tabelle di preparazione, predispone le tattiche di gioco. Ma il suo contributo sarebbe modesto se non intervenisse con la sua capacità creativa.

Educatore: anche quando non ne è consapevole è un pedagogo. Correggere, suggerire, proporre soluzioni nell’acquisizione dell’esercizio, non solo arricchiscono l’intelligenza senso-motoria dell’allievo ma ne influenzano l’intera personalità promuovendo l’Io a livelli di integrazione e maturità sempre maggiori.

Organizzatore e animatore: promuove la partecipazione sportiva; organizza la vita dei propri atleti; ne conosce le interazioni emotive e sociali, coordina l’aspetto tecnico, orienta la squadra verso il compito agonistico e ridimensiona i vari conflitti interni.

Leader. Dispone del potere di premiare o punire, ma non si avvale di questo potere se non nel pieno rispetto della personalità dei singoli. Sa costituire il gruppo e vi prende parte; rappresenta un ideale e un modello; prende le decisioni e si occupa delle funzioni esecutive in modo da alleggerire il gruppo dal peso di tali responsabilità; controlla sui rapporti interpersonali all’interno del gruppo.

Da anni ormai si conosce l’importanza della corretta pianificazione dell’allenamento fisico, tecnico e tattico in base alle fasce di età e alle competenze dei giovani atleti e dei danzatori. Tuttavia, ancor oggi è troppo spesso inesistente, a livello degli insegnanti di danza, la consapevolezza dell’importanza dell’aspetto psicologico durante le fasi di allenamento.

La teoria di Jean Piaget, psicologo svizzero, si occupa dello sviluppo concettuale e cognitivo dell’individuo dalle prime fasi di vita fino all’adolescenza ed in questo percorso torna davvero molto utile. Secondo Piaget, i bambini passano attraverso una serie di stadi di sviluppo nelle rispettive fasce di età.  Per tale motivo è possibile strutturare dei programmi differenziati a seconda dell’età e del sesso, che possono essere così suddivisi

 

5-8 anni: Imparare divertendosi. A questa età il bambino scopre il suo corpo e le sue potenzialità di socializzazione con il mondo esterno e per questo motivo l’apprendimento deve avvenire in modo ludico, senza strategie particolari. L’importante è creare il giusto contesto in cui avrà luogo l’apprendimento. A tal proposito è bello ricordare una celebre frase di A. Einstein che disse: “La scelta più difficile che il bambino deve fare è decidere se l’ambiente esterno gli è amico o nemico”. Per un corretto sviluppo psico-fisico è necessario che il bambino percepisca il proprio ambiente (familiare, scolastico, sportivo, etc.) come un ambiente amico e quindi come luogo sicuro e protetto all’interno del quale esprimere tutte le sue potenzialità. Dal punto di vista motorio, in questa fascia d’età, i bambini si muovono e giocano in continuazione e tutte le articolazioni vengono sollecitate. Il sistema nervoso è immaturo, l’apparato scheletrico non completamente ossificato. La coordinazione motoria e l’attivazione muscolare devono ancora assestarsi. È questa l’età in cui il maggior impegno dovrà essere rivolto al completamento assoluto dello schema corporeo e conseguentemente verso l’integrazione massimale delle capacità coordinative (processi di organizzazione, guida, controllo e regolazione cinetica ed energetica dei movimenti).

Si deve lavorare, quindi, soprattutto su esercizi-giochi dove vengono sviluppate maggiormente:

  • l’acquisizione di un adeguato schema corporeo e motorio.
  • una corretta percezione spazio-temporale.
  • il miglioramento delle capacità psico-motorie.
  • lo sviluppo delle capacità ritmo-cinestesiche (coordinazione, equilibrio).
  • lo sviluppo armonico delle capacità fisiche (resistenza, mobilità articolare, forza, velocità).

L’importanza del saper scegliere il gioco migliore per la specifica fascia di età è strettamente correlato al tipo di apprendimento che si vuole favorire. Una fonte CONI del 1987 evidenzia come a ciascuna forma di attività ludica corrisponda la stimolazione di un particolare tipo di apprendimento, ottimale per le caratteristiche cognitive proprie di quella fascia di età.

 

9-11 anni: crescere. In questa fascia di età le dinamiche di gruppo sono di fondamentale importanza per la formazione delle regole e dell’abitudine alla collaborazione. L’intelligenza diventa più strutturata e attraverso l’interazione il bambino si rende sempre più conto della propria autoefficacia.  In questo periodo sboccia la socialità e l’emulazione di un capo, cosa che non deve mai essere sottovalutata dagli istruttori o allenatori che diventano, spesso inconsapevolmente, dei modelli, in positivo o in negativo, per i loro allievi. Il pensiero diviene dinamico, decentrato e reversibile; il bambino è in grado di compiere operazioni di  classificazione e seriazione, valutando con accresciuta competenza i tempi e le distanze.

 

  • I giochi di regole: sono dei giochi organizzati; l’esperienza ripetuta consente l’interiorizzazione delle regole e disciplina i comportamenti dei singoli e determinando le dinamiche psicologiche proprie di ogni gruppo. I giochi di squadra, realizzano le condizioni perché il singolo bambino possa interagire con gli altri, apprezzare la loro presenza e i loro contributi, sviluppare le capacità di collaborazione (ad esempio: “Lepri e cacciatori”, “Sparviero”, ecc.)
  • Apprendimento per comprensione: basato sul ragionamento, su nessi logici e significativi tra avvenimenti, comportamenti ed idee. Inizialmente i ragionamenti dei bambini poggiano su dati.

12-15 anni: studiare per essere eccellenti. E’ oramai risaputo che la pratica di uno sport migliora la qualità della vita psicofisica dei soggetti durante la pubertà e aiuta a prevenire disagi psicologici importanti tipici di questa età quali, ad esempio, condotte antisociali, abuso di alcol e droghe, depressione o disturbi alimentari. Una corretta pratica sportiva a questa età permette di classificare le regole sociali importanti nella condotta quotidiana, facilita la  condivisione dell’esperienze all’interno di un gruppo e fa fronte ai bisogni individuali del ragazzo, quali autostima, sicurezza e identità propria. In questa fascia di età, l’allenatore deve tenere in considerazione l’importanza di alcune dimensioni quali:

 

  • Ragionamento. L’acquisizione delle capacità di conoscenza e ragionamento è graduale e sistemica, e si sviluppa secondo stadi sequenziali che sono in relazione con gli stadi di maturazione biologia. Dopo i 12 anni, il ragionamento avviene secondo principi logici.
  • Maturazione. La maturazione è sicuramente prima di ordine fisiologico, come quello del sistema nervoso ed endocrino poi di carattere psicologico, con la formazione di concetti che consentono non solo di conoscere, ma anche di comprendere la realtà oggettiva.
  • Adattamento. La fase di adattamento avviene quando si riesce a discriminare tra azioni (reali o mentali) diverse e ad usarle in maniera adeguata ed efficace.
  • Intelligenza. L’intelligenza si struttura sempre più e aumenta con la maturazione, l’esercizio e l’interazione sociale.
  • Interazione e cooperazione. In questa fase si sviluppa il senso di cooperazione. Attraverso l’interazione, il ragazzo identifica il ruolo e le regole che si impongono all’interno di un gruppo; inizia il principio di autoregolazione.
  • Apprendimento. In questa fase l’apprendimento diviene come “scoperta attiva”, creando cioè discrepanza tra anticipazione ed aspettativa del ragazzo (in funzione dei propri schemi attuali) e i dati di realtà (gli effetti di un’azione o trasformazione).

 

15-18 anni: vincenti nella vita, vincenti nella danza

In questa fascia di età il ragazzo ha già maturato una scelta sportiva ben definita, anche se questa rappresenta l’età con il maggior rischio di abbandono della pratica sportiva.

In questo periodo il ragazzo sviluppa e definisce un’identità forte e stabile, consolida la propria autostima e riesce a controllare le emozioni al fine di gestire le situazioni. L’adolescenza è caratterizzata da una molteplicità di cambiamenti su svariati fronti, che coinvolgono il giovane e spesso sconvolgono la sua famiglia.

In questo periodo della vita diventano fondamentali gli amici, che non sono solo più dei compagni di giochi ma dei confidenti e delle persone con cui confrontarsi. Il ragazzo abbandona lentamente il concetto di sé costruito sull’adattamento alle aspettative genitoriali per sostituirlo ad una considerazione di sé derivata dai giudizi dei coetanei, per la quale sono di fondamentale importanza l’aspetto fisico, l’attrazione sessuale, l’intelligenza. L’adolescente può sentirsi valutato negativamente in alcuni di questi settori e ciò comporta inevitabilmente ansia, frustrazione o l’atteggiarsi in modo compensativo, nel tentativo di primeggiare in ambiti in cui si è considerati poco abili. L’adolescente acquisisce una propria identità quando trova un punto di equilibrio sintetizzando i concetti di sé, in una rappresentazione unitaria di sé qualitativamente superiore alla somma delle sue singole componenti. Una delle conquiste dell’adolescenza è l’acquisizione della capacità di pensare in modo astratto, che permette di andare al di là di una situazione data immaginando possibilità alternative per il mondo politico, sociale, familiare e scolastico. Il giovane prende consapevolezza della dimensione temporale e inizia a pensare in termini realistici al futuro, comprende che alcuni progetti che aveva fin da bambino sono irrealizzabili, mentre altri sono possibili ma conportano dei sacrifici. Si fa sempre più precisa la distinzione tra reale e ideale.

Il raggiungere la capacità di riflettere sul proprio pensiero e su quello degli altri permette al giovane di prendere in considerazione idee differenti dalle proprie, mutando la qualità delle relazioni e sfumando le caratteristiche egocentriche dell’età infantile. A questa età la riflessione su sé stessi è più approfondita ed elaborata e porta l’adolescente a comprendere che vi sono discrepanze tra come si vede lui e come lo vedono gli altri, portandolo a vagliare l’opportunità di adeguarsi alle aspettative sociali.

A mio parere l’insegnante di danza è la persona alla quale un genitore affida le cose più preziose che possiede suo figlio: il cervello, il corpo e l’anima. Glielo affida affinché lo trasformi in un capolavoro pensante e trasformi la sua vita in emozione. Un onore colmo di responsabilità a cui non è possibile sottrarsi. Buon anno accademico a tutti.

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