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di Margherita Mana

Per tener fede al programma che Stef ed io avevamo in mente per i prossimi articoli, oggi vi parlerò della modalità di interpretazione richiesta a un danzatore che si occupa di un certo tipo di danza contemporanea (che è variegata e con molti stili che differiscono tra loro) ma che tende o è proprio il teatrodanza. Innanzi tutto dietro a questi danzatori ci sono scuole diverse: sicuramente delle nozioni basilari di danza classica, ma anche il metodo Laban, il celebre danzatore e coreografo che ha formulato un sistema per la notazione coreografica; con lui tutta una corrente europea che si appoggia a studi personali di pionieri, quali Kurt Jooss o Mary Wigman, volendo andare alle origini, e che, portando avanti una loro azione poetica espressionista, ne hanno sviluppato tecniche che ben si applicano a brani coreografici senza limitazioni accademiche, ma con una forte esigenza comunicativa.
La società, il progredire delle arti figurative e cinematografiche e il clima politico offrivano nei primi anni del XX secolo un terreno fertilissimo per la sperimentazione. Oggi con opere nettamente più recenti e che hanno consolidato questa corrente artistica, troviamo i capolavori delle “Signore del teatrodanza” ossia Bausch, Linke, Hoffman, che possiamo ancora vedere rappresentati nei nostri teatri o in video e film d’autore. Ci giunge inoltre, l’onda lunga di spettacoli di teatro fisico, nelle sue diverse declinazioni, in cui l’essere umano non recita che se stesso.
Sulla nuova danza, anzi le nuove danze, il treno su cui siete oggi non fa fermate e ne parleremo in un altro viaggio.
Oggi: teatrodanza e l’interpretazione del personaggio.
Mah, a proposito di viaggio, vi racconto una cosa che va contro la mia reputazione, il mio aplomb, la mia dignità; ci ho pensato a lungo, ben 20 minuti, credo che mi aiuti enormemente a spiegarvi cosa cerchi in un danzatore un coreografo di teatrodanza. So che poi mi leggerete con occhi diversi e per questo siete persone poco gentili… Vado.
Era la Vigilia di Natale e per tornare a casa dai miei genitori, presi un treno alle 5.30 del mattino che avrebbe fatto poche fermate e nessun cambio. Ovviamente ero stanca, avevamo appena finito non so quante recite dello Schiaccianoci e la sera feci tardi per festeggiare insieme agli amici le feste imminenti. Entrai col mio valigione nello scompartimento vuoto, mi sedetti vicino al finestrino nel senso di marcia del treno.
– E chi se frega!?- direte voi sbagliando però, perché nel teatrodanza va creato IL MOMENTUM e se avete un attimo di pazienza vi spiego. Che maniere!
Quindi ero lì sola, assonnata, fuori ancora buio, c’era anche un discreto calduccio e in bocca il sapore del caffè appena preso.
SVILUPPO DELLA SCENA:
…Entrò nel mio scompartimento un bellissimo ragazzo che, salutandomi, ripose la sua borsa negli appositi spazi e tirò fuori un libro dal quale non si staccò neanche un momento per molto tempo. Nel frattempo, ma solo dopo avergli fatto una radiografia e formulato numerose ipotesi sulla sua vita sentimentale fallimentare, avevo disincastrato il tavolinetto sotto il finestrino e distrattamente, ma con il sussiego che mi contraddistingue, cominciai a leggere anche io: il saggio di Emil Cioran, “L’inconveniente di essere nati”.
L’ottimismo celeberrimo di un profugo fuggito dalle terre natie, combinato con stanchezza, il tepore e i comodissimi sedili di similpelle, fece sì che un gran colpo di sonno facesse sbattere la mia diafana fronte sul tavolino; mi destai più che altro per il gran rumore della mia scatola cranica contro la formica.
Ecco questa è L’AZIONE. Ora nell’economia della scena c’è LA REAZIONE, che si svolse così:
Ci fu una ripresa fulminea di verticalità della spina dorsale, mano schiacciata fortissimo per attenuare il male sulla fronte e naso, realizzazione che seduto di fronte ci sarebbe stato un potenziale fidanzato ormai ex, simulazione della dissimulazione dell’accaduto. Prendere poi il libro, portarlo davanti alla faccia e fare un check per controllare se gli organi preposti a olfatto, vista e gusto abbisognassero di straordinaria manutenzione. Vergogna massima e imbarazzo dentro; fuori solo un battito di ciglia col mascara. A tradire l’interpretazione degna della Duse, solamente un rigolino di sangue dal naso.
Mi diedi un contegno, lui davanti a me stava ridendo con le lacrime agli occhi.
Per evitare fraintendimenti vi dico subito che i coreografi preferirebbero gente che non prende a craniate tavolinetti in formica o qualsivoglia complemento d’arredo; cercano comportamenti e azioni che corrispondano alla loro idea del MOMENTUM, (che abbiamo capito sia il fulcro della scena, l’attimo in cui tutto cambia o inizia o finisce) che vogliono creare. Per sapere se sei giusto per quella scena ti mettono in condizioni di reagire come faresti tu, se li convinci e coincidi con la loro idea di reazione, sei “in parte”. Questo significa innanzitutto che il danzatore mette molto di sé, della sua esperienza nel pezzo, un contributo fattivo di movimento e di sentire. Secondo me, tra le varie discipline il teatrodanza è quella che più dipende dall’essere umano e un po’ meno dal danzatore. Punto di partenza l’uomo e le sue esperienze, da lì si può cominciare il cammino verso la trascendenza.
Buon viaggio a tutti.

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