di Massimiliano Craus
Siamo partiti dalla Tecnica Nikolais per giungere al “Cielo” di donne, soprattutto in questo marasma di informazioni capitate più o meno per caso in occasione della Giornata Mondiale contro il femminicidio. “Cielo” di Emma Cianchi, in scena il 4-5 dicembre al Teatro Bellini di Napoli, è un titolo vecchio riproposto per il teatro grande del Bellini con un nuovo allestimento che viaggia nella storia e nell’universo femminile. Come la stessa coreografa ci spiega, la danza fluida e dinamica, arricchita da momenti più tipicamente teatrali, segue il movimento degli astri e ne svela il carattere magico e fisico in una dicotomia perfetta: parole e musica, suono e voce conducono lo spettatore a varie interpretazioni della parola “cielo” in un percorso semantico che attraversa i millenni tra legenda, scienza, filosofia e pura immaginazione.
Danza, teatro, musica, videoproiezioni e interazione digitale: la combinazione tra diverse discipline e la collaborazione tra artisti di provenienza differente dà vita ad un lavoro avanguardista in cui l’elemento magico va di pari passo con l’interpretazione ostinatamente razionale. Magia, irrazionale, razionale: “Cielo”, una moltitudine di donne, un’incessante danza evocativa in un’incessante crescita di dinamiche, direzioni, forze per raccontare il femminile e i suoi molteplici aspetti , in uno spettacolo al limite del magico e del misterioso. Uno spettacolo che segue la linea dell’intera programmazione del Teatro Bellini, peraltro co-diretto dalla stessa Emma Cianchi a braccetto con Mauela Barbato che in “Cielo” cura i testi in un cast molto eterogeneo, proprio come nelle corde della coreografa! Le video-creazioni di Gilles Dubroca, i suoni e le musiche di Dario Casillo, i costumi di Danilo Rao, le luci di Gessica Germini, i disegni e l’animazione di Andrea Bolognino e gli assistenti alla coreografia Michela Ricciardi e Marco de Alteriis sono il corollario di una progettualità che è partita da lontano con la Tecnica Nikolais e che si è arricchita strada facendo con il contributo dei vari Carolin Carlson, Susanne Linke, German JaureguiI, David Zambrano, Tery Weikel, Ivan Wolfhe, Susan Sentler, Sandra Fuciarelli, Richard Haisma, Beatrice Libonati, Antonella Bertoni-Michele Abbondanza, Simona Bucci, Fabrizio Monteverde, Lola Keraly, Bruno Collinet, Christopher Huggins, Bruno Agati, la Murray Lewis Dance Company e Lutz Gregor ed Isabel Rocamora per video-danza e Physical Cinema. Una carrellata di nomi che mostra la natura eterogenea della miscellanea tecnica e coreografica che Emma Cianchi propone in ogni suo lavoro. E questo vale naturalmente anche per “Cielo”, prodotto da Artgarage e Korper, le due anime della coreografa che si divide quotidianamente con la sua co-direzione artistica della sezione danza al Teatro Bellini in una vita a due facce: quella artistica e quella manageriale che, tra l’altro, ha approfondito proprio in seno al Napoli Teatro Festival una decina di anni fa. E dunque sotto tutto questo cielo la coreografa ci invita a riflettere sulla danza di “Cielo” e sui tanti perché che hanno mosso la donna Emma Cianchi a raccontare così l’universo femminile: nello spazio apparentemente definito, eppure immenso, dove ogni cosa è intuibile ma mai manifesta una luce soffusa svela il femminile e accompagna l’intreccio relazionale tra attrazioni e repulsioni, istinto di conservazione e di distruzione. Un disegno dinamico e ancestrale da cui si sprigionano movimenti dal ritmo crescente e che vede la sua genesi nell’estasi mistica fino alla connessione con l’infinito: un incessante cercare, un inevitabile confronto, un eterno domandare dinnanzi all’immensità del Cosmo. Un Cosmo immaginato sotto un cielo sempre più ricco di iniziative artistiche e culturali, proprio dove Emma Cianchi ama raccogliersi e creare. Con l’esempio di altre donne che in “Cielo” tornano e ritornano, almeno stando alle parole della coreografa: l’universo e le sue leggi, lo spazio e la sua potenza armonizzante e generatrice si confrontano con la matrice femminile che tutto crea e regola. Ishtar con la sua enigmatica stella a otto punte e prima Dea Madre ad essere venerata è la massima espressione del femminino nelle antiche civiltà. Dal suo mito derivano il culto di Iside, di Demetra, di Venere, fino all’adorazione della Vergine Maria. Dal paganesimo al cattolicesimo un viaggio sensoriale che attraverso i millenni connette con l’universo e racconta con proiezioni, disegni e testi, il potere immenso della donna e la sua missione salvifica.