di Margherita Mana
#ricordi e #realtà
Giro la testa talmente tanto che temo mi si sviti; che le vertebre cervicali si spanino, che la cartilagine che le distanzia si usuri, e che per avere un effetto cuscinetto poi io ci debba iniettare il liquido che c’è nella confezione del cotechino precotto. Questo è il sentire che vi porgo in apertura ed è in netto contrasto con ciò che vedo e dunque, perfettamente logico. Sono in Val D’Orcia, tra poggi e cipressi, colline verdi degradanti, in cui ogni paese gronda rinascimento e sembra sempre di riconoscere lo sfondo di un quadro di Leonardo. E’ una strana mescolanza tra un paesaggio tranquillo, zen, e Frittole quasi 1500.
Io a questa varietà di paesaggio della Toscana, dell’Italia tutta a dire il vero , non mi abituerò mai e ne esco beata, sempre un pochino con gli occhi lustri e ripulita dalle schifezze che il mondo ora mi propina. Perché se è vero che non voglio rimanere in disparte dalla vita della società, è anche vero che ho bisogno di chiudere una quarantina di porte dietro per poi avere il coraggio di riaprirle e guardarci dentro.
– Posso farle una domanda Mr Tetley? Ma negli States a che punto è E.R?
Sì, sono riuscita a chiedere a Glen Tetley che sviluppi avrebbe preso una serie sui medici in prima linea televisiva. Le mie attenuanti sono queste e rivedrete il giudizio su di me se sarò efficiente nello spiegarvi il contesto. Vado.
Eravamo in una pausa di una lunga giornata in cui avevamo provato il suo balletto Pierrot Lunaire, rilassati in un angolino io e lui. La nostra colonna sonora per almeno cinque ore era stata la musica Schoenberg che non è da considerarsi propriamente un neo melodico. In Pierrot Lunaire scenograficamente è prevista un’ impalcatura di pali innocenti che era stata montata in sala ballo, alla quale noi tre protagonisti eravamo rimasti appesi praticamente per tutto il giorno.
Questo spiega , anche se mi rendo conto non completamente, la mia domanda. Ed era iniziato tutto con un aneddoto di Mr Tetley, che ricordo faceva circa così:
– Sul finire degli anni ’50, sono venuto in Toscana per un mese. Ero un giovane ragazzo americano e non “spiaccicavo” ( questa parola detta con l’accento inglese che amplificava la “s” e La “p” mi risuona ancora nella testa, fu un suono buffo e delizioso) una parola d’ italiano. Presi una motoretta a nolo e feci un bellissimo tour. Da un robivecchi trovai due “angiolini” di legno e me li legai sul portapacchi posteriore della Vespa in modo che sporgessero. Erano i miei santi personali, i contadini e le persone per le strade della campagna si facevano il segno della croce al mio passaggio. Fu indimenticabile e li misi nel mio Pierrot. Sì, proprio quando state appesi come babbuini, sicché in questo pezzo Margherita, c’è molta toscana… Vuoi una mentuccia?
Se un paesaggio può lustrare gli occhi, certi racconti ti aprono mondi per raggiungerne altri. Come se questo signore, che parlava un po’ alla maniera di Oliver Hardy, mi avesse fatto entrare da una porta segreta dentro la sua creazione, dandomi informazioni sulla genesi di uno dei brani coreografici più significativi della seconda parte del novecento. Mica poco!
I giorni di preparazioni del Pierrot sono stati giorni ricchi di racconti, molti dei quali assolutamente esilaranti.
Me ne raccontò uno un giorno che mi vide particolarmente depressa. Colombina, il mio personaggio, ha una variazione velocissima, VE LO CI SSI MA! Non ci arrivavo, più cercavo di rimanere compatta più perdevo il tempo. Il consiglio fu :
– Se è veloce lascia andare, cretina!
In effetti funzionò molto bene: mi sentii cretina ma fui molto più veloce.
Poi seduta in terra a prendere le correzioni mi toccai la schiena.
– Hai male?
– Non tanto Maestro, più malissimo direi.
Prese a raccontare:
– Una volta a New York avevo uno spettacolo importante, proprio di Pierrot, lo ballavo io naturalmente; avevo la schiena completamente bloccata ed ero preoccupato soprattutto per i portes. Andai in camerino dove mi aspettava Martha (Graham) che era la mia madre artistica. Andai da lei con le lacrime agli occhi , come un bambino bisognoso di rassicurazioni,cercando consolazione dicendo che non ero sicuro di poter danzare. Non disse nulla. Poi mi diede uno schiaffo fortissimo. Ho potuto danzare e anche molto bene!!
Si stupiva sempre quando ridevo, credo gli facesse piacere destare quel tipo di reazione su coloro che l’ascoltavano, allora sorrideva con me.
– Ricominciamo?
– Sì, Mr Tetley.
-Ah Margherita… io non la guardo la televisione.
– Sì Maestro, avevo intuito.
Sono qui che mi svito la testa e ricucio i pezzi tra realtà e ricordi.
Have a good trip Mr Tetley.
P.S. Se voleste sapere chi fosse Mr Tetley e cosa ha creato, avete tutti gli strumenti per scoprirlo, cosa che vi consiglio caldamente di fare.
NOTE: Ph di copertina @riccardomariph (RICCARDO MARI)