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Nel parterre di tutte le iniziative nate durante la quarantena da Covid-19 una ci ha colpito più di tutte per creatività e bellezza: il progetto #homeTOhome del fotografo Raoul Iacometti.

Nato a Milano nel 1961, svolge l’attività di fotografo free-lance alternando la ricerca personale al lavoro commerciale in diversi settori: reportage di documento e socio-umanitario, fotografia industriale e d’interni, eventi, danza e ritratto. Le sue fotografie sono pubblicate su riviste, quotidiani e libri, sono utilizzate per cover/booklet di CD di musicisti italiani e stranieri. Ha ricevuto molti riconoscimenti nei più importanti contest nazionali ed internazionali.
Fra i suoi lavori più significativi sono da ricordare “Di terra e di fuoco” (2006) reportage sulle ex miniere presso le colline metallifere nel territorio di Massa Marittima (GR), “Ai confini del mare” (1986/2015), “Tre giorni a Madrid” (2007), “I suoni delle Dolomiti” (2007), “Di serra” (2008), “Quale madre” (2008) dedicato al tema della maternità e “Botteghe” (2008) sulla filiera agroalimentare e sull’importanza del cibo nella nostra vita quotidiana; “Just Dancers” (2011) reportage fotografico sul mondo della danza amatoriale classica, contemporanea e jazz.
Nel 2008 crea il progetto no profit “Green Attitude”, la danza legata al mondo di fiori e piante, utilizzando palcoscenici inediti come serre e vivai, luoghi dove ambienta tutti gli scatti, che pubblica ufficialmente nella primavera del 2013. Da quella data il lavoro è ancora work in progress in attesa di diventare un volume fotografico. Le danzatrici e i danzatori provengono da importanti corpi di ballo quali il Teatro alla Scala di Milano, l’Opera di Bordeaux, l’Opera di Roma, l’Opera Nationale de Paris ed altri ancora.
Nel 2013 crea “Fotografie e altre storie…” un format che fonde, tramite la fotografia, l’arte della scrittura, della musica e della danza. È uno spettacolo condotto con Carlo Negri (scrittore e autore di testi televisivi e teatrali tra gli altri Zelig e gli spettacoli di Giuseppe Giacobazzi).

Raoul, come ti sei avvicinando al mondo della danza?
Nel corso degli anni ho curato molti progetti, nei quali il comune denominatore è sempre stata la gente, le persone, le loro storie, semplici o complesse che fossero, sempre con l’intento di raccontare il più possibile ciò che ci appartiene, perché siamo così magnificamente diversi l’uno dagli altri e viceversa.
Alla danza sono arrivato per caso: nel 2010 fui contattato dalla direttrice della Civica Scuola di Danza della città in cui abito, per un reportage che partiva dalla propedeutica fino al saggio finale che includeva tutti i corsi, mi diedero il compito di documentare nel modo nel quale amo narrare fotograficamente le storie. Una sorta di documento fotografico per i loro archivi.
Forse un “barlume danzante” però l’ebbi già nel 2008, chiuso in una serra a Novate Milanese dove ero impegnato per degli scatti che sarebbero poi finiti in una mostra fotografica al Museo di Milano, commissionata da Orticola, con la presenza di un’altra dozzina di fotografi italiani, tra i quali anche il Maestro Maurizio Galimberti.
Bene, lì tra i corridoi di bancali è nata proprio l’idea di Green Attitude (www.green-attitude.it): camminavo e tenevo un brano musicale in loop in cuffia e, siccome credo nel destino e sono un romantico, non so per quale motivo mi voltai e vidi le piante che mosse dal mio passaggio “danzavano” con i cambi musicali. Quello fu davvero il primo approccio mentale con la danza. La musica invece è nata con me, dieci anni circa di pentagrammi e testi, ma questa è un’altra storia.
Dicevo, Green Attitude – attualmente work in progress – lo pubblicai a distanza di cinque anni.
Nel 2013 non c’erano fotografi che riprendevano la danza fuori da un contesto teatrale, se non il grande Dane Shitagi con il suo Ballerina Project, padre indiscusso della danza nelle grandi metropoli.
Ma proprio perché non amo scimmiottare ciò che è già stato fatto e visto, ho creato un progetto unico come Green Attitude, che vede serre e vivai come palcoscenici per dittici che accostano fiori e piante alle posture di ballerine e ballerini.
Dal 2016 circa, i fotografi che scattano “on the road” si sono quadruplicati… ma Dane Shitagi rimane sempre unico, composizioni eleganti e perfette, Ballerina Project è irriproducibile, rimane unico. Chiaro che da qualche tempo hanno anche scoperto le serre… ahahahahahah… ma fa parte del gioco!
Ma io sono già a #homeTOhome…

Il progetto #homeTOhome si colloca esattamente nello scenario attuale dovuto alla diffusione del Covid-19. Di cosa si tratta nello specifico?
Sono in quarantena come tutti, i rapporti umani avvengono tramite i mezzi che la tecnologia mette a disposizione, così dal 13 al 28 marzo ho scattato fotografie con la mia fotocamera – non screenshot, non utilizzando i selfie, né postando foto precedentemente scattate – a più di quaranta artisti italiani e stranieri, primi ballerini, ballerini solisti e dei corpi di ballo di alcuni tra i teatri più importanti dislocati in diversi luoghi nel mondo. Hanno tutti condiviso con me questa esperienza di set virtuale, ognuno nella propria casa, con passione e professionalità, come se fossimo realmente insieme, sullo stesso set. E aggiungo: con un’umiltà incredibile, trovando insieme le posizioni e i luoghi migliori nelle loro case per gli scatti.
Altra caratteristica fondamentale di questo progetto fotografico a cui tengo molto è che il commento sonoro del video è un brano originale, “Alba Mediterranea”, scritto ed eseguito da due bravissimi musicisti italiani, Renato Greco e Francesco Bonito (entrambi Nossa Alma Canta). L’hanno modellato, editato e registrato in una notte, anch’essi nelle loro rispettive abitazioni.

Trovi che il mondo dell’arte ben si adatti e partecipi attivamente ad iniziative come la tua, di diffusione e di sensibilizzazione?
Sì, senza dubbio. In questi giorni di “reclusione forzata” mi sono nutrito di ogni forma d’arte che TV, web e radio hanno diffuso e stanno diffondendo, perché come dicevo amo capire cosa c’è in circolazione prima di pubblicare un nuovo lavoro, secondo perché amo ogni forma d’arte. Poi magari passo ad altro, ma mi piace conoscere. E comunque l’arte ritengo essere un nutrimento per mente, cuore, spirito e anima.
L’arte in un momento così particolare ha il dono di regalare alle persone la forza di superare anche attimi di profondo sconforto, la sensazione di solitudine che talvolta ci prende. Questo capita quando le cose vanno bene e le consideriamo “normali”, figuriamoci in questo periodo, dove tutto sembra vago e senza approdi sicuri.
#homeTOhome è nato per questo, un’esigenza interiore di socializzare nonostante tutto, nonostante le distanze, le barriere, sia quelle architettoniche che quelle mentali, queste le più ostiche e pericolose. È un progetto “ottimista”, utile, almeno spero lo sia, proprio per far capire che i muri ci possono isolare solo materialmente, perché cuore e mente generano creatività e la creatività ci dà la possibilità di realizzare i sogni e donare felicità anche gli altri.
La fantasia, un mezzo utilissimo per creare. Lo so, è un discorso banale, scontato forse, anche i progetti che realizzo lo sono, perché ho sempre creduto che più le cose e le parole sono semplici, più arrivano alla gente e la gente è più invogliata a proseguire nel sogno e nella voglia di provarci. Le cose di difficile comprensione aumentano le paure e le ansie e talvolta allontanano le anime più deboli, quelle che realmente avrebbero necessità di una spinta.
Poi esistono anche passione e tenacia, e in questi giorni se ne sono viste molte di persone averne tanta, medici, infermieri, volontari, tutte figure indispensabili e alle quali deve andare la nostra infinita gratitudine.

Il progetto diventerà una mostra curata dal critico Roberto Mutti. Compatibilmente col fatto che prima si dovrà sbloccare il tutto, quantomeno il mondo museale, ci puoi raccontare di più?
Roberto Mutti è una persona speciale, un critico fotografico e un giornalista davvero unico, un amico. Mi segue da tempo, dall’inizio del mio percorso fotografico/progettuale, è aperto a qualsiasi idea fotografica e ama conoscere gli aspetti della realizzazione. Infatti è stato il primo al quale ho descritto quest’ennesima pazzia, in uno stato ancora embrionale del progetto e, come prevedevo, ha sposato subito la causa… ahahaha … in brevissimo tempo ha scritto il testo che accompagnerà la mostra fotografica. Mostra che speriamo si possa realizzare in tempi brevi. Dico ciò anche per sottolineare che se il tempo è breve per poterla esporre lo è anche per tutti, per poter riprendere le attività di sempre. Ma con parsimonia, mi raccomando.
Altro a riguardo per ora non c’è, anche perché il tutto dipende dalle possibilità che si avranno secondo disposizioni e restrizioni governative, tutto ciò influisce sulla location, la stampa delle fotografie e, cosa importante, la divulgazione dell’evento.
Ma intanto c’è il video, al mio IGTV  https://www.instagram.com/tv/B-wUa7GAqoQ/ o al mio canale YouTube

Sulla pagina Facebook di iodanzo, la gallery fotografica!! VAI AL LINK

 

I danzatori che hanno partecipato:

Paola Giovenzana – Dancer at La Scala Theatre, Milan
Giulia Lunardi – Dancer at La Scala Theatre, Milan
Christian Tworzyansky – Former dancer with New York City Ballet, Soloist with Les Ballets de Monte Carlo
Azzurra Esposito – Dancer at La Scala Theatre, Milan and Mick Zeni  Principal dancer at La Scala Theatre, Milan
Claudio Coviello – Principal dancer at La Scala Theatre, Milan
Gabriele Corrado – Former Principal Soloist at Les Ballets de Monte Carlo – Artist at La Scala Theatre
Chiara Amazio – Dancer at La Scala Theatre, Milan
Cassandra Fierce – Freelance dancer and aerialist, New York
Alessio Crognale – Dancer at Martha Graham Dance Company, New York Carlo
Marzia Memoli – Dancer at Martha Graham Dance Company, New York
Cristina Pavone – Dancer at National Opera at Iaşi, Iaşi
Vittoria Valerio – Soloist dancer at La Scala Theatre, Milan

 

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