di Massimiliano Craus
Giorni di frenesia tra le fila della Geranos Orchestra Dance Company: il debutto del primo aprile al Teatro Aldo Giuffré di Battipaglia è vicino ed i nove elementi sono in formissima per la presentazione di “Mani-ere“, il titolo del grande salto. Eh sì, i direttori artistici dell’ensemble Luca Calzolaro e Stefania Ciancio hanno pensato a tutto, dal nome d’ispirazione culturale della compagnia al titolo innovativo di un repertorio davvero contemporaneo. E fu galeotto un caffè in un ventilato sabato partenopeo con i due direttori artistici per ammirarne la lungimiranza artistica e culturale di un sodalizio che funziona a prescindere.
A cominciare dalla scelta del nome della loro compagnia: Il geranos (pronunciato Ghèranos) era una danza collettiva rituale nata più di 3.000 anni fa a Creta ed a Delo, come testimoniano alcuni ritrovamenti scritti e pittorici, fra i quali la decorazione di uno splendido vaso del 570 a. C. conservato nel Museo Archeologico di Napoli. Il nome deriva dalla similitudine dei movimenti coreografici di questa danza con il volo delle gru (γερανός) ed è possibile trovare riferimenti a questa danza nelle opere di molti autori antichi (Plutarco, Cicerone, Virgilio) oltre che nell’Iliade come chiaro riferimento al mito del labirinto e del Minotauro: Omero infatti – parlando dello scudo di Achille – fa una dettagliata descrizione della danza che vi era scolpita, con la sua spirale di fanciulli (uomini e donne alternati gli uni alle altre). La danza – insegnata da Dedalo (il creatore del labirinto) ad Arianna e da questa poi a Teseo, come una sorta di “chiave” o di “mappa” del percorso da seguire per entrare e per poter uscire dal labirinto – aveva una coreografia “a spirale” (con espliciti richiami ai due sensi di rotazione: uno simbolo di morte – dall’esterno della spirale verso il centro – e l’altro, in senso inverso, quale simbolo di vita). I fanciulli e le fanciulle, in una esplicita cerimonia iniziatica, tenendosi per mano seguivano il capofila in un metaforico e rituale viaggio agli inferi per poi, una volta raggiunto il centro e quindi in una morte simbolica, poterne uscire verso la rinascita, verso una nuova vita. E’ questo l’elemento che ci ha indotti a scegliere questo nome: il fatto che richiamasse una danza antica di trenta secoli, che fosse eseguita da giovinetti e – soprattutto – per il suo valore simbolico, quasi “salvifico”: simbolo di risalita, di salvezza dalle difficoltà, di apertura. Un cammino grazie al quale, tenendosi per mano, ci si apre alla vita e ad un futuro di speranza.
Una compagnia che per i suoi nove elementi è al contempo un punto d’arrivo e di ripartenza, in primis per il ritorno a casa del ballerino giramondo Luca Calzolaro (dalla tournée mondiale con il “Notre Dame de Paris”) a braccetto con la presidente della PromoDanza Stefania Ciancio e poi, soprattutto, per l’opportunità che si vuole regalare al territorio natio dei due protagonisti. E chi sono gli altri protagonisti? Quelli della scena, per intenderci, ovvero quelli che il primo e l’8 aprile rappresenteranno “Mani-ere” rispettivamente al Teatro Aldo Giuffré di Battipaglia ed al Teatro Eduardo De Filippo di Arzano. Luigi Pagano, Angela Alfano, Andrea Capoluongo, Clarissa Miceli, Arianna Volzone, Alfonso Donnarumma, Sara Corvo, Sabrina Mastrangelo e Lucia Pellegrino sono l’anima danzante di questo progetto a lungo termine di cui lo stesso coreografo Luca Calzolaro ci spiega i contenuti e le forme: le mani sono lo strumento principale della nostra vita e raccontano chi siamo, quello che abbiamo vissuto. Le mani esprimono quello che le parole non dicono e danno forma alle idee. Mani che raccontano le età della vita, idee ed ideali, mani che descrivono l’orrore che la violenza suscita e riportano alla mente azioni dure e spietate come quelle della violenza sulle donne. Mani che non alzano muri ma li abbattono e che costruiscono ponti fra diversi popoli del mondo, mani che accolgono e non respingono, mani che si stringono attorno ad altre mani. Il tutto narrato attraverso il movimento del corpo ed ovviamente delle mani.