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Oggi è uno di quei giorni dalle distorsioni facili.

Mi sveglio alle 4 e condivido il primo post di Facebook.

Mi alzo poi per lavarmi i capelli, puliti ma indomiti: le belle giornate torinesi di sole e pioggia in un alternarsi coreografico offrono al mio taglio uno stile “cocker inglese” da non imitare; che comunque non migliora.

Prendo le gocce per essere felice e sento montare la malinconia (?), no no, piango proprio come una fontana. Perfetto. Una pastiglia per stare calma e poi siccome mi sento apatica, mi faccio un litro di caffè. Non si tratta di fatti opposti, solo distorti.

Il mercoledì, per esempio, vengono i giardinieri. Sono qua nella mia silenziosa pausa caffè e so che oggi non è mercoledì, eppure…

Okay… Non potano con le forbicine per le unghie, no! Usano quel tubo aspirapolvere che solleva vortici di fogliame vario e polveri, che se ne vanno dal prato (che non c’è) verso la mia macchina (che invece è lì parcheggiata). Fanno anche tutto il perimetro sotto la mie finestre, già che sto a piano terra. Il giovane dalla bruna barba mi sorride felice di quel fragoroso rumore, poi si ferma colpito dall’improvviso silenzio. Tutto immobile. “Mah, deve essere il cavo; qui è tutto bagnato!”. In effetti sono venuti giù dei diluvi piuttosto energici e lui sta nel fango (vedi assenza di erba nel prato). Lo abbandono all’arrivo delle querimonie su Whatsapp del padre del secondogenito, puntuali come il ciclo. Perché? Ha scoperto che l’ho tenuto a casa da scuola. Allora… ha mal di schiena forte da qualche giorno, alla consegna mi è stato detto di non dargli niente che passava. Certo dovrei omettere che gli fosse stato concesso: mezza giornata di motocross intenso; a seguire nottata goliardica e gita in montagna con salti acrobatici su tappeti elastici e gara di atletica (quella a scuola), ma voglio polemizzare un poco. Tuttavia Marghe chiama e propone di andare a Milano. Lei è lì e stop ai battibecchi.

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“Noi dovremmo scrivere di qualche artista anni ’90, un poco dimenticato….” Almeno così ‘mi chatta’, per intrattenermi in treno. Sa che ho paura delle stazioni, e i treni partono e arrivano da lì, non c’è che dire. Così, ormai sottomessa al Fato, io accetto: “Vada per gli anni ’90, l’oggi mi va storto!”.

Esce fuori Philippe Decouflè e io vado un attimo in tilt come lo sparafoglie della mattina. Penso: CIRCO CONTEMPORANEO?

“Non ce la posso fare… Oggi niente di acrobatico, per favore!”

Poi mi riavvio e mi torna in mente Torinodanza Festival 2012: “Panorama”, collage ben articolato di pezzi del genio alternativo di questo coreografo francese. Ricordo: tutto è esattamente ciò che non è. Tutto muta e si trasforma.

UNA PERFETTA DISTORSIONE ARTISTICA. Una serata curiosa. Sette danzatori, molto giovani e un’accurata scelta del repertorio di un artista poliedrico e piuttosto avanti con i tempi a ben riflettere.

La danza si allinea a una poesia ironica, la suggestione dei pezzi nasce dalla capacità di inventare qualcosa da altro, con una scelta musicale mirata (anche un poco anni ’80). L’impressione che mi rimane è di un componimento coreografico che cerca un coinvolgimento visivo molto accentuato e qui la Marghe, per quando svagata e distratta, apre una frontiera.

Borbotta che erano meglio le cerimonie di apertura dei Giochi Olimpici.

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Nella fattispecie penso a una di queste cerimonie viste nei primi anni novanta ( ’92) in occasione delle Olimpiadi Invernali; il coreografo al quale era stata affidata l’apertura era appunto Philippe Decouflè e l’ho detto alla Stef che volevo scrivere di lui… Non sono distratta, ho i collegamenti concettuali a tema. La cerimonia era stata vista da più di “two billion people”. Lo scrivo in inglese che suona enfatico. Ci troviamo a casa di Riccardo sorseggiando vino, il “Chiaretto” che ci ha portato la mia amica, e chiacchierando, cercando di non innervosire l’unico del trio interessato alla partita. Ma so che c’è la partita, eh!? Volendo proprio essere precisa, io e la Stef siamo “Footballfree”. Non è che ci importa poco, non ci frega nulla di quei ragazzoni che corrono e fanno acrobazie con quella cosa sferica. Con quei costumi un po’ troppo visti, le luci fisse e una regia inesistente. Anche sprofondando fino al mento nell’astrattismo del gesto, e mi devo sforzare tantissimo, la sola cosa che davvero mi incanta delle partite, durante una finale, sono le riprese televisive che sono diventate spettacolari. Anche lo show del pre-macth, alle volte, è piacevole. Quello della partita della Champions dell’altra settimana, però, no: era noiosetto e le coreo erano veramente orribili.

Ci deve essere un goal, ma noi siamo in cuffie a guardare video. Quindi due parole brevi sul nostro eroe: ha 55 anni ed è sempre stato attratto dall’arte circense; ne frequenta una scuola famosa in Francia, più tardi si sposta al Centre National de la Danse Contemporaine di Angers dove studia con Alvin Nicolais.

Forse hanno segnato un secondo goal”, mi indica la Stef.

Io non demordo e le accenno che potremmo parlare del fatto che è direttore artistico del Cirque du Soleil, diciamo di alcuni spettacoli, perché come saprete, è una realtà molto articolata e tentacolare. Lei non dà per inteso. Credo abbia sonno. Torno a razzo su di un altro aspetto che, in effetti, ci pare ben più peculiare.

Quest’uomo produceva video molto belli e complessi, per i quali è stato più volte premiato a Cannes e Venezia.

Ora ce ne sono tantissimi di clip, visto il progresso tecnologico basta davvero poco per girare dei frame di ottima qualità e montarli con un programma semplice su qualsiasi PC. La verità è che manca la materia prima. Spesso, non sempre! Mancano le idee.

Mi chiedo, anche se c’è un terzo goal degli avversari, perché dovrebbe essere sufficientemente interessante vedere corpi che si muovono in un’area industriale dismessa? O in un salone ottocentesco?

Cosa e come c’entra la location con un’idea di regia, di danza, di raffigurazione di un concetto? Spesso i video che ci vengono proposti sono noiosi e più lo sono, più vengono visualizzati sui social. Non sto parlando dei video di pubblicità per produzioni o di filmati di riprese in sala o spettacoli; proprio di “dance for camera”. Ci sono alcuni artisti che fanno cose pregevoli, che vengono perlopiù ignorati o scoperti dopo moltissimo tempo. Il resto è rumore di fondo con il fischio finale, certo.

E’ come raccontare sempre la stessa storia ai bambini, Stef. Si chiama ‘anticipazione cognitiva’: loro sono sereni perché sanno come andrà a finire, mentre tu adulto che stai leggendo sbatti la testa contro il comodino perché ti addormenti.”

QUARTO GOAL, CIAO COPPA… Ma poi che coppa era?

Con Decouflè questo non succede. C’è un’idea di ripresa chiarissima e la danza è personale (fine anni ottanta e primi novanta, non era così usuale approcciarsi al mezzo videocassetta per le proprie produzioni), ma l’idea che un certo tipo di linguaggio potesse diventare un videoclip, com’era assai in auge per la musica, penso che avrebbe conquistato anche me. Lo ha fatto, visto che sono qui che continuo a pensare che sia ancora una terra molto da esplorare. Alle volte, ci perdiamo per strada qualcuno, ed è perché noi continuiamo a guardare nella stessa direzione e, invece, la persona ha girato un angolo.

Ecco giusto per fare un giro in quegli anni lì e per sapere come si è evoluto il dopo.

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Poi succede!!! Dai social, amici raccontano dell’incidente in piazza a Torino: la folla, un falso allarme, una barriera che cede, i cocci di bottiglia che feriscono, gente schiacciata dal panico; non ci si abitua al terrore anche se ce lo raccontano secoli di storia.

Torniamo sobrie colpite da secchiata gelida.

Io e la Stef questa settimana vi suggeriamo questo salto verso un artista che sapeva di acrobazie e video, stranite dalle distorsioni di questo lungo giorno e attonite per una partita di Champions che per qualcuno è finita in maniera tragica.

Il mondo non si merita la paura, bensì l’ingegno e l’arte dell’uomo.

Margherita Mana e Stefania Sanlorenzo

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