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di MargheMana

Oggi vi racconterò di Francesco Novelli. Faccio un passo indietro subito e vi spiego cosa fa un “Francesco Novelli”. Egli suona per il balletto. E’ stato per una quarantina d’anni la colonna sonora del corpo di ballo del Maggiofiorentino, e poi di MaggioDanza negli ultimi trent’anni. La mattina, tutte le mattine, musicava la lezione e poi seguiva le prove che richiedevano che lui ne suonasse le partiture. Arrivava verso le ore 9.00 ed era in grado di suonare ancora addormentato; non c’era alcun segno evidente di vita, tranne un mugugno e una badilata di note, che venisse dal lucido piano a coda. Francesco è una persona cordialissima, con il sigaro in mano spento, e un nasone pronunciato come solo alcuni fiorentini si pregiano di portare.

E improvvisa, improvvisa sul tempo, ignorando bellamente il genere classico scolastico, mettendoci quel tocco di jazz o di ironia per riuscir a rendere anche le più faticose classi, qualcosa che non permette immobilità o pesantezza. Parlo al presente, perché Francesco suona sempre, anche se non per noi, visto che la compagnia non esiste più, ma questa è un’altra storia. Quel suonare la lezione al mattino suppongo sia per lui, qualcosa come lavarsi i denti, oppure come specchiarsi, mettendosi a posto il colletto del giaccone prima di uscire nell’aria autunnale. Penso che suonare improvvisando, sia pure per una semplice lezione di danza classica, (semplice si fa per dire eh?!) possa paragonarsi davvero al ritrovare la propria immagine allo specchio, per un tipo come lui. Dati i tempi e la lunghezza dell’esercizio dagli insegnanti, lui ne costruisce i contorni e delinea piattaforme sulle quali i danzatori appoggiano i movimenti. A cos’altro dovremmo appoggiarci se non al ritmo, cantando col corpo la melodia? Non è forse quella che ci dà respiro, oppure ci chiude in antri stretti nei quali occorre lasciare andare i muscoli e non contrarli, per riuscire a stare dentro la “misura”?

Il mio Maestro gli chiedeva di suonare poche note, tirate. Ora, capirete da soli, che i mugugni perplessi di Francesco devono essere stati tanti ai tempi, all’inizio di una lunga e inossidabile collaborazione con Eugenio Poliakov e la cricca dell’Opera parigina. Tenuto al laccio l’arpeggio con qualche remora, e unicamente su espressa richiesta, si sfogava in lunghi adagi in cui metteva un po’ di romanticismo tra il sonno e la veglia, come i sogni all’alba che ti spiace interrompere.
Gli aneddoti sul Novelli, sono tantissimi, tutti molto divertenti; mi viene in mente quello in cui si era preparato moltissimo per uno spettacolo al teatro Petruzzelli, in cui doveva suonare “Le Silfidi”; nel cast Fracci e Nureyev. Si preparò lungamente studiando Chopin, “Che ‘un è solo tecniha, ma gli’è sensibilità ni’ tocco!”, arrivato alla mazurca di Rudolf viene bloccato dopo le prime note.
– Io non faccio questa.
Dice Rudy, e canticchia spensierato la “sua variazione”, mentre il Novelli cade dal pero. E cade male , perché sa che spenderà ogni minuto prima dello spettacolo a cercare lo spartito di quella versione di Chopeniana in giro per Bari, oltre stare lì a ristudiarsi tutto. Conoscendo Francesco, riesco a immaginarlo nel suo frac, sudato e nervoso, con lo spartito nuovo in mano, che si chiede perché il pianoforte lo mettan sempre sotto il palco, non potean almeno risparmiarmi la camminata per tutta la platea a ‘i buio?.. Uff che ansia, speriamo che qualcuno mi dia ivvia.. Ed è lì in un foyer, che formula pensieri circolari che finiscono inciampando in un ripasso di alcuni passaggi complicati e ancora, “Oh senti, faccio icchè posso perché ho provato pochino”, mentre sbircia dentro la fessura di una tenda. Gli si avvicina di soppiatto una maschera e, gagliardamente, conscio del suo potere come avesse appena scoperto un clandestino sul Titanic, chiede al pianistaleggermenteteso, il biglietto. Tralascio le esternazioni di disappunto e i vari aggettivi qualificativi rivolti alla Maremma, terra per tradizione ostile e di confine, del nostro eroe che dopo aver mandato per lidi fioriti il controllore, fa il suo ingresso in platea, come si diceva al buio ed emotivamente non serenissimo. Ora io ho un dubbio. Una parte del mio cervello mi suggerisce che entrando ha urtato una carrozzina con sopra un disabile che è ahimè partita verso il palco. Però, che questo sia successo sono sicura, non so se quella volta lì. Magari la recita dopo, chiederò…
Francesco è sempre stato insostituibile, con l’influenza, la febbre, l’orticaria e un discreto giramento per questioni squisitamente personali a volte, lui c’era sempre. Ha provato più volte a insegnare quello che sapeva con ottimi risultati. Nessuno però ha il tocco, la distrazione che lo porta a spasso, il suo guizzo nel tornare nel seminato.
Durante uno spettacolo suonava per me una variazione andando velocissimo, aveva ragione lui, ma io non arrivavo a farla così rapida. Dopo varie raccomandazioni , faccine, occhiolini e gesti che intendevano suggerire di non pigiare sull’acceleratore, avevo infine pensato di mettergli un magnete sul piano, come quelle degli anni 70’ sulle automobili, con una mia foto e la scritta : “NOVELLI NON CORRERE, PENSA A ME!”
Il Novelli è stato il ritmo per noi tutti, il suono dei nostri giorni: furioso, arpeggiato, assonnato, gaudente, disperato.
CASA.

Con affetto, Margherita.

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