Lei è una di quelle che, quando danza, la riconosceresti tra mille.
Lei è una che quando coreografa ti fa svegliare di colpo dopo ore interminabili di giuria.
Lei è Sara Armando, danzatrice e coreografa, che ha vinto lo scorso anno il Premio iodanzo per la Comunicazione al Contemporary On Stage di Danzainfiera.
Abbiamo atteso che mettesse ordine nei suoi impegni e ora ecco la sua intervista:
A che età hai iniziato a danzare? Con che disciplina e quali gli insegnanti che ti hanno plasmata come danzatrice?
Ho iniziato danza classica a 7 anni in una scuola a Cuneo, la mia amata città natale, ma solo a 15 circa ho aggiunto il Modern-Jazz, il Tip Tap ed il Contemporaneo.
A 19 anni poi ho scoperto l’Hip Hop che è diventato fondamentale per me.
Non ho frequentato accademie, ma a 20 anni circa ho avuto l’immensa fortuna di essere scelta a Milano, dove frequentavo l’università, da Massimo Leanti grande coreografo che mi ha aperto ad un mondo nuovo.
Sono stata sua assistente e ballerina. Grazie a lui ho potuto girare, ballando e studiando ed così che è iniziata la strada verso lo stile che poi ho scelto.
Non avere la possibilità di fare un’ accademia da un lato mi ha svantaggiata, ma dall’altro mi ha obbligata a lavorare su me stessa e ad elaborare un linguaggio personale.
Ho sempre faticato a riconoscermi totalmente in qualcosa, per questo guardavo tantissimi video, facevo stage con insegnanti americani (di cui ho sempre prediletto lo stile) e non appena ho potuto sono andata proprio là, negli Stati Uniti.
A chi ti ispiri? Qual è il tuo stile?
Ho avuto molti insegnanti, tutti mi hanno lasciato qualcosa e gli sono molto grata, ma se dovessi dire chi mi ha ispirata mi vengono in mente Mandy Moore, Jillian Meyers, Megan Lawson e Keone e Mariel Madrid.
Mandy Moore è una forza della natura, un’insegnante eccezionale che riesce a trasmettere energia e passione a chiunque.
Jillian, Megan, Keone e Mariel sono per me grandi esempi, umanamente ed artisticamente.
Hanno un mondo immaginifico incredibile, una drammaticità ed al tempo stesso un’ironia pazzesca ed una musicalità fuori dall’umano.
Sì, direi che sono stati di grande ispirazione, anche nel modo di approcciare l’arte, sempre con il sorriso e con un desiderio di condividere infinito. Nel mio piccolo mi sento affine a loro.
Amo la danza e la uso per esprimere la meraviglia della vita, ballare per me è gioia e dona un senso di libertà pazzesco. Il gioco è restare se stessi, ma rappresentare una storia nel modo più reale possibile.
Per questo ho creato un linguaggio molto personale nel quale le parole sono realmente rappresentate dal corpo dei danzatori attraverso le gestualità e le dinamiche tratte principalmente dal Contemporary- Jazz e dall’Hip Hop.
Non so definirmi e di solito non è facile mettere il mio stile in una categoria, quindi non saprei che dire se non che racconto attraverso il corpo.
Il mio desiderio è rendere la danza il più riconoscibile possibile alla gente, vorrei che le storie dei vari personaggi arrivassero al pubblico facendolo commuovere, arrabbiare o ridere perché no…
Nel presente la mia creatività ha la musica come musa, è lei ad ispirarmi e a dirmi cosa fare, è lei ad offrire la storia da raccontare.
Cosa cerchi nei tuoi danzatori?
Nei miei danzatori cerco una grandissima passione e gioia nel ballare, sembra scontato, ma non lo è. Cerco originalità nel movimento e verità, non voglio siano una copia di qualcuno o siano perfetti, ma che siano loro stessi… ovviamente oltre ad avere una grande musicalità e delle dinamiche compatibili con il mio stile coreografico.
La mia compagnia si chiama D’ I Verse. D sta per danza, I è l’individuo, proprio perché è importante che ognuno rappresenti i passi con il suo vissuto ed il suo corpo che è differente da qualunque altro. Verse sta per i versi, le parole dei testi che ci danno la sceneggiatura e poi insieme si può leggere “I diversi” proprio perché abbiamo sempre faticato a trovare una collocazione.
La seconda parte della frase sta per Io Verso, perché c’è sempre un desiderio di andare avanti e crescere, nella vita come nella danza.
Il nome è uscito in maniera casuale tanti anni fa e per me non rappresenta solo la compagnia di danza, ma un concetto, una filosofia alla quale hanno creduto e collaborato in maniera differente in molti facendo quindi parte del gruppo. Non ci sono solo io e non sarei arrivata fin qui senza di loro, sono grata a chi c’è stato, a chi c’è ed a chi ci sarà, ci tenevo a dirlo…
Come sei come insegnante, quali sono le basi dei tuoi workshop?
Come insegnante sono un po’ “vecchio stile “ per così dire….:-) il mio riscaldamento è molto lungo e comprende esercizi di tecnica, allungamento e potenziamento. Solitamente faccio delle diagonali di base Jazz, tecnica meravigliosa che si è andata un po’ a perdere, ma che è molto utile a mio parere.
Nell’ultima parte della lezione invece ci si concentra sulla coreografia.
Faccio ascoltare la musica e traduco i testi delle canzoni spiegando la storia da raccontare, non so, ho sempre avuto bisogno che le cose avessero un senso ed a me, ad esempio, aiuta sapere il testo per esprimermi nella maniera più vera possibile.
Cerco di essere attenta agli allievi, li correggo il più possibile e parlo molto, a volte troppo forse, ma ci tengo che capiscano cosa stanno facendo e che acquisiscano consapevolezza del loro corpo e delle loro potenzialità.
Ciò che desidero di più è lasciar loro qualcosa, un’emozione, un dubbio, qualche conoscenza nuova, un modo diverso di sentire o vedere la performance: non solo tecnica (che ci deve essere), ma anche loro stessi con il loro modo di farla.
Sorrido sempre quando ballo o insegno, perché non riesco a non essere grata ed a non sentirmi felice e spero sia così anche per gli allievi, a volte troppo distratti o al contrario troppo concentrati e critici. Cioè essere critici va bene, ma bisogna anche godere di ciò che si fa…
Prossimi appuntamenti con la Compagnia?
Dopo l’estratto fatto l’uno marzo, finalmente il 18 aprile andremo in scena con LOVE PLAY(S) presso il teatro San Domenico di Crema.
E’ uno spettacolo cui tengo molto perché riassume tutti gli ultimi anni di vita e di danza.
L’amore è sempre stato molto importante per me, sono una sognatrice ed un’inguaribile romantica credo e questo spettacolo ne rappresenta tutte sfaccettature.
Non vedo l’ora di andare in scena sperando sia l’inizio di una lunga tournée!!!
SINOSSI LOVE PLAY(S)
In una balera, come si faceva in altri tempi, si incontrano diversi personaggi, chi è solo, chi felicemente in coppia e chi infelice nel proprio rapporto ed alla ricerca di altro.
Con diversi giochi l’amore muove i nostri protagonisti, avvicinandoli ed allontanandoli.
A volte con ironia, altre attraverso il dramma si sviluppano gli intrecci della nostra storia, in cui ognuno di noi si può riconoscere.
Si, perché quando la freccia di cupido ci colpisce ci può rendere goffi, o impavidi, ci fa battere forte il cuore e ci porta in alto , come può farci piombare nel dolore più profondo.
Ogni volta ci ripromettiamo essere l’ultima, ma in fondo sappiamo che non sarà così vero?
E poi chissà…magari in un modo pieno di “sagome” riusciremo a trovare la nostra vera metà.