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di Massimiliano Craus

Si è chiuso il sipario del Teatro Mediterraneo sulle performance di Akerusia Danza, compagnia napoletana di Elena D’Aguanno in scena con il trittico “Immagini. Colori. Suoni”. Una due-giorni molto intensa, sul palcoscenico fino al 6 giugno, soprattutto con la stagione ispirata da Umberto Eco e fortemente condizionata dalla co-presenza di tradizione ed innovazione. Elena D’Aguanno, storica direttrice artistica di Akerusia Danza, ha infatti voluto rispettare le volontà dello scrittore piemontese riportando in auge un tratto della sua pazzesca “Opera aperta”: opera aperta come proposta di un campo di possibilità interpretative, come configurazione di stimoli dotati di una sostanziale indeterminatezza, così che il fruitore sia indotto a una serie di letture sempre variabili; struttura, infine, come una costellazione di elementi che si prestano a diverse relazioni reciproche. Un modo come un altro di fare danza quello di Elena D’Aguanno e della sorella d’arte Sabrina, spesso insieme nella storia e nel repertorio della compagnia napoletana. E come da molti anni a questa parte, anche la stagione 2018-2019 ha portato in grembo le due facce della stessa medaglia coreutica: la tradizione, come quella di alcuni titoli del repertorio quali “Romeo e Giulietta” di Ciro Venosa al Teatro Elicantropo di Napoli di qualche tempo fa, o “Arlecchinata” in questi primi bollenti giorni di giugno, oppure con “1+1=1 (Filosofia dell’identità)” di Ina Colizza ed Antonello Apicella a piè pari con l’audace “Futur’è” e l’omaggio a Paul Taylor al Teatro Mediterraneo. E’ proprio come in una frenetica matriosca artistica e culturale che Elena D’Aguanno ha voluto sbizzarrirsi, attingendo qua e là dall’immenso repertorio che dal Settecento l’ha condotta fino ai giorni nostri o, per essere ancor più precisi, fino allo scorso anno quando è scomparso uno dei più grandi coreografi dell’intero novecento: Paul Taylor. Il primo dei tre titoli del trittico è stato dunque “Arlecchinata”, ripreso direttamente da “Les Millions d’Harlequin” di Marius Petipa del 1900. Un soggetto che naturalmente ha rimesso in gioco la commedia dell’arte italiana settecentesca con tutte le sue sfaccettature comiche ed anche grottesche. La Venezia di Carlo Goldoni protagonista, dunque, attraverso le immagini coreutiche scelte da Elena D’Aguanno sulle musiche di Riccardo Drigo. La scelta del secondo titolo del trittico è invece caduta su un ritorno al passato di Akerusia Danza, ovvero al repertorio della compagnia partenopea con “Futur’è” già allestito la prima volta nel 2009. Un titolo che rimanda al Futurismo ed all’emancipazione coreografica di cui si è potuto beneficiare sin dalla prima metà del Novecento. Con tutti i colori del caso, con gli accessori in scena e con quel dinamismo che ha scritto la storia della danza soprattutto italiana. La regia e il coordinamento artistico sono stati di Elena D’Aguanno e Sabrina D’Aguanno mentre la mano coreografica è stata appannaggio della stessa Sabrina D’Aguanno con Federica Curato, Viviana Di Napoli, Viviana D’Errico e Antonio Mistretta, le musiche tratte da un repertorio di autori vari, le immagini di Mario Milo ed i video Massimiliano Pappa. Infine “Concerto”. Un omaggio al compianto Paul Taylor che le sorelle Elena e Sabrina D’Aguanno non fanno nulla per nasconderne l’amore sviscerato. Del resto non si sarebbe andati a spulciare nel suo repertorio con Sabrina D’Aguanno nelle vesti di Cicerone con uno spartito meraviglioso come quello dei Concerti brandeburghesi n.6 e n.3 di Johann Sebastian Bach. Già in passato le due sorelle coreografe napoletane avevano abituato il loro pubblico ad interventi nel repertorio di grandi nomi ed anche in questi giorni hanno saputo osare così tanto! Il “Concerto” è un vero e proprio omaggio a Paul Taylor ed alla sua capacità di lavorare nella musica come sanno fare pochissimi altri al mondo. Esattamente come le musiche brandeburghesi di Bach capaci di entrare nelle coreografie come pochi altri spartiti. Un connubio con cui Akerusia Danza ha colto nel segno.

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