In collaborazione con Arte-Spettacolo.com
Se si potesse inserire un sottofondo adatto a questa intervista sarebbe sicuramente la colonna sonora del filmGuerre Stellari perché, a parte essere il suo film preferito, quello che Max Sirto ti trasmette è una forza di volontà enorme ed una determinazione che raramente ho incontrato sulla mia strada. Prima ballerino ora docente, Max è soprattutto uno dei più giovani coreografi del panorama coreutico degli ultimi anni.
A che età hai iniziato a ballare e ti sei reso conto che questa sarebbe stata la tua strada?
Ho iniziato a danzare a 9 anni. Mia zia che mi teneva con se mentre i miei lavoravano ed era una fan (si parla dei mitici anni ’80) di Michael Jackson e quello che ricordo inizialmente erano i suoi poster che sono stati i miei primi “insegnanti di danza” perché copiavo le figure di MJ ed in qualche modo ho iniziato così a “muovermi”. Poi ci fu un Karaoke a scuola e io “cantai” Billie Jean muovendomi e copiando le immagini dei poster e di un suo concerto in VHS dal quale praticamente imparai a “danzare” allora poi mia madre mi portó in una scuola di danza diretta dalla mamma di una mia compagna di scuola e mi iscrisse in un corso di danza jazz. La danza fu subito una grande passione, e a 14 anni mi resi conto che volevo fare il danzatore nella vita.
A 17 anni hai iniziato a studiare al Pineapple Performing Arts Studios di Londra ed hai proseguito per molti anni lo studio all’estero, a New York. Perché all’estero? Quali possibilità ti da una formazione di questo tipo?
Si, a 17 anni mi trasferii in Inghilterra a seguito di svariati consigli della mia allora insegnante; il Pineapple era il centro nevralgico della danza londinese, soprattutto per quanto riguarda il lato “commerciale” della danza nella city (musical, tv, videoclip) e fu il più facile e, onestamente, l’unico centro in grado di ospitarmi, perché le mie limitazioni erano molte ad esempio non avevo borse di studio e la mia famiglia non poteva pagarmi le accademie. I corsi professionali del Pineapple mi permettevano di studiare senza pesare troppo sul bilancio dei miei insomma… Poi girai ad intermittenza altri paesi tra cui gli Stati Uniti per un breve ma intenso periodo a New York. La formazione all’estero non trovo sia più importante di quella italiana, ma certamente ti rende più completo e meno chiuso mentalmente. Perché a mio parere il vero problema della danza e dello spettacolo in generale in Italia è la mancanza di istruzione che regna al suo interno. Quindi concludendo le possibilità che ti da un istruzione all’estero sono ben maggiori una volta che ci si lancia nel mondo del lavoro, questo in qualsiasi settore!
Come è stata la tua esperienza di ballerino?
Come “lavoratore” della danza mi guardo indietro e sono felice di ciò che ho fatto, sono stato un gregario, anche nelle mie stagioni nel West End dove l’apice è l’aver interpretato Mr Mestoffelees in Cats. Per il resto ho vissuto periodi da freelance e altri più difficili dove ho dovuto veramente adattarmi a svariati lavoretti per mantenermi… Poi altre esperienze in produzioni Londinesi, ma il tutto sempre ad “intermittenza” perché ho avuto la sfortuna di convivere con problemi fisici che hanno condizionato la mia condizione di forma e in alcuni casi anche il mio rendimento. Tanto da costringermi al ritiro a soli 30 anni, dopo solo 10 anni di attività.
Il periodo di studio ai Merce Cunningham Dance Studio (New York) e l’incontro con Merce Cunningham. Cosa ha cambiato in te e come ti ha portato su questa nuova strada?
Nel 2007 ci fu quel breve periodo a New York ai Merce Cunningham Dance Studios dove se pur per pochi minuti incrociai quello che chiamo “il mio profeta”! Cosa ha cambiato in me? Semplice.. Tutto!!! Ma voglio comunque sottolineare che allora non fu il mio primo contatto con la figura di Cunningham: già nel 1998/1999 e poi di seguito ebbi la fortuna di avvicinarmi alla Tecnica Cunningham… E qui voglio ricordare Davide Montagna uno dei miei primi e più importanti Maestri. Poi nei miei periodi inglesi, benché lavorassi in produzioni musical, “fuggivo” e andavo in altre strutture della city alla ricerca di lezioni di Tecnica Cunningham. Quindi non c’è stato un momento particolare o un avvenimento specifico che mi hanno portato sulla via di Cunningham ma solo una serie di fortuiti eventi e scelte.
Quando hai deciso che la tua strada sarebbe stata quella della coreografia?
Capii in due momenti che la mia strada sarebbe stata la coreografia, nel 2007 e nel 2009. Nel 2007 quando approfondii gli studi della tecnica e poi quando nel 2009 mi avvicinai per la prima volta alla creazione di un pezzo con un mio amico e collega inglese.
Che tipologia di lezioni sono le tue? Com’è l’incontro con i giovani allievi?
Voglio fare una premessa: parallelamente alla coreografia si e’ sviluppata in me da quattro anni ad oggi una importante intenzione di riportare a conoscenza dei più giovani la tecnica Cunningham, perché sottolineo (e qui giustifico una mia precedente dichiarazione) che in Italia gli allievi crescono senza che sappiano nemmeno chi fu Merce Cunningham e cosa ha dato alla cultura della danza mondiale, oltre alle influenze nei più svariati stili didattici etc.. Quando però parlo di “giovani allievi” non mi riferisco ai più piccoli ma a coloro che in età adolescenziale hanno già assimilato una buona tecnica classica di base, senza la quale il metodo Cunningham non potrebbe essere affrontato! Quindi partiamo dal presupposto che inizialmente le mie sono lezioni “complementari” ad una buona istruzione classica, senza però perdere quell’elemento di sensibilità e apertura verso coloro che mai hanno affrontato lo studio della tecnica Cunningham o in casi sporadici di quella classica. Nello specifico poi le lezioni sono strutturate con un warm up di sbarra a terra su metodo Kniaseff ed in seguito con un approfondita analisi della tecnica e del mondo di Cunningham, concludendo con un montaggio di sequenze coreografiche perché gli allievi meglio comprendano il rapporto tra la tecnica e la dinamica spaziale, inserendo in esse il corpo danzante. Il tutto è arricchito con mie personalissime analogie con l’arte cubista emulando il rapporto tra Cunningham e le opere dei dadaisti!
Si tratta di lezioni dove sono riuscito a trovare un modo comunicativo semplice e diretto e comprensibile ai più giovani che permetta loro di comprendere l’importanza della figura di Cunningham nella storia della danza contemporanea o più esattamente nella “post modern”, mantenendo sempre alta la loro voglia di imparare, di arricchirsi di analogie culturali e storiche, di comprendere al meglio l’analisi della tecnica stessa e del loro corpo in essa inserita, per fare in modo che la tecnica del mio profeta si mantenga viva nel nostro paese. Trovo tragico che ovunque io vada quasi nessuno sappia cosa è l’universo di Merce Cunningham del quale io non sono uno scopritore ma un umile e riconoscente messaggero. Penso ai quei pochi minuti in cui lo vidi tutti i giorni e tutti i giorni ringrazio Dio perché sia esistito!
Giulia Toselli