La danzatrice, ma direi poliedrica artista, Margherita Mana, dopo anni di professionalità espressa con coreografi di pregevole talento, nel lavoro di tersicorea presso Il Maggio Danza, ci ha offerto una sua particolare visione dello spettacolo andato in scena il 14 marzo 2015 a Firenze, presso il Teatro Cantiere Florida: What Age Are You Acting? Ovvero “Le età relative”. Il lavoro è di Silvia Gribaudi (40 anni), interprete insieme a Domenico Santonicola (66 anni, sottoufficiale dell’Areonautica Militare) e rientra in un progetto europeo, “Act Your Age”, atto a focalizzare il concetto di “invecchiamento” in proiezione nell’arte della danza, che usa il corpo come suo elettivo strumento di comunicazione.
“Il pregio/caratteristica del teatro danza è quello di non trasformare i danzatori in ballerini (non cigni, non principesse, non eterei fantasmi), ma quello di lasciare che il corpo comunichi con le armi naturali che possiede, e tutti ne possediamo, senza trasfigurarle.”
Dal produttivo scambio di riflessioni che abbiamo avuto in merito, sono scaturite molte considerazioni sul mondo della danza e sulla vita; mettendoci di fronte a questo dualismo che coinvolge chi fa parte del mondo della danza e lo spettatore che lo vive con altrettanta intensità.
Silvia Gribaudi sceglie la nudità come primo strumento comunicativo e intrattiene il pubblico su tematiche universali il cui nodo potrebbe sintetizzarsi nell’espressione beyond timing… L’andare oltre la scansione temporale. Il tempo non come una sincronia o una diacronia di eventi, che ci vede cambiare dentro e fuori, ma come un “senso” relativo al nostro “essere”, anche un eterno presente. Giovinezza, vecchiaia, passione, decadimento, morte, vita… La sfida di Silvia Gribaudi (che entra in scena completamente svestita) parte dal corpo, che si consuma o si mantiene, e fondamentalmente esso stesso parla del tempo, indipendentemente dall’età, ma secondo il vissuto. “Già il corpo ci parla del tempo e di come lo abbiamo vissuto”. Viene fuori la frase che Margherita Mana lascia andare verso di me, che ascolto. “Il corpo nudo è una macchina neutra ma estremamente rivelatrice. E la danza è tempo oltre che spazio”.
Le chiedo di commentare la mia perplessità sulla neutralità di un corpo nudo in scena: “Il dialogo tra il corpo e il significato diventa così diretto da essere comprensibile anche senza nessuna mediazione per la cognizione narrativa. Parla di noi più di quanto si possa sperare e dunque anche temere. La condizione della nudità ci è così naturale che dopo un po’ che la vediamo e si rivolge a noi, non la percepiamo più come tale, ma apprezziamo meglio la postura e il linguaggio intrinseco che fa parte della sua organizzazione”.
La danza è tempo? Le chiedo ancora, non convinta dell’identificazione. Per me la danza è un canale aperto anche al tempo; ma la sua è una visione tecnica: la danza modifica riorganizza e annulla tempo e spazio e, se lo fa con ironia, come in questo caso, il messaggio diventa forte e concreto.
“Penso che la sfida si giochi lì ed intorno alle 1000 idiosincrasie che la società ci costringe ad adottare per conformarci e non sentirci troppo vecchi (o giovani ). Spettacolo davvero intelligente che mi ha fatto ridere. Non è poco.”. Conclude gradevolmente ed è un invito a seguirlo qualora ve ne sia l’opportunità.
Stefania Sanlorenzo