Il 20 e il 21 maggio 2015 sono state le ultime due sere per la rassegna Palcoscenico Danza 2015, curata dal coreografo Paolo Mohovich, in qualità di direttore artistico, a Torino, per la TPE (Fondazione Torino Piemonte Europa), presso il Teatro Astra di Via Rosolino Pilo 6.
Ho seguito l’evoluzione di tutta una serie di momenti di danza (e non solo) in modo personale e professionale per www.iodanzo.com e www.Arte-Spettacolo.com, perciò sono lieta di chiudere la stagione con un applauso sincero.
Per il lavoro che ho battezzato, “In prima fila”, ho assistito con piacere al programma proposto dall’Eko Dance International Project: cinque brani molto differenti sia come resa scenica ed emozionalità, sia come interpretazione tecnica. Cinque coreografi, nomi d’eccellenza e più giovani talenti: Mats Ek, Paolo Mohovich, Marco de Alteriis, Raffaele Irace, Elisa Insalata.
E Pompea Santoro, non solo presenza dietro le quinte, ma lì con tutta la sua esperienza, la sua grazia impeccabile e una seria e serena professionalità che hanno conferito all’insieme tutta un’altra eco.
Una risonanza artistica più sottile, forse per un pubblico preparato, e una divulgativa più aperta a chi era lì un poco così, pensando anche ad altro, ma volendo portare via un “pezzo di qualcosa” che solo in teatro si può trovare. Questo è sicuramente un punto che tengo a sottolineare.
La danza è difficile, faticosa, dolorosa, non sempre comprensibile, tecnicamente impegnativa.
La perfezione esiste. Sembrerebbe, tante volte, troppe, impossibile, e tante altre inesorabilmente irraggiungibile; ma esiste. Il balletto classico la esige fortemente. La cerca, la costruisce e la trova nelle eccellenze. Non in tutti.
La variazione conosciuta come “I cignetti”, qualche passaggio prettamente classico del balletto Il Lago dei Cigni, quello di repertorio, l’originale di Petipa-Tchaikovsky, non ha raggiunto questa perfezione, ieri sera. Il giovane ballerino in compenso, “il Principe” per identificarlo, ha mostrato delle magnifiche doti di elevazione, con un buon controllo… ho una fissa nel guardare se si stendono le punte dei piedi. Lui lo fa (quando è corretto farlo!) e danza con impegno e accuratezza, come tutti gli altri senza dubbio.
Non doveva, in ogni modo, essere “quel balletto”, bensì Un lago dei cigni fra sogno e realtà, nella ripresa di Pompea Santoro, che portava a un altro lago, complesso e firmato Mats Ek, per l’appunto.
Il momento contemporaneo si innesta e offre una buonissima performance, in alcuni punti davvero originale e per alcuni ballerini con una ottima resa, piena, direi ‘vissuta’. Perché la danza si vive in andare e venire: fra artista e pubblico. Danza è movimento, dunque non c’è staticità; c’è evoluzione continua, ripresa e caduta e ripresa. Energia ed entusiasmo.
E c’è questo passaggio fra il classico e il contemporaneo. Pompea lo spiega chiaramente nell’intermezzo, con elegante ironia; Mohovich lo ha dimostrato non solo nelle sue stupende e coerenti coreografie, ma nella scelta degli spettacoli proposti nell’insieme della stagione 2014-2015. Io credo che il pubblico possa averlo apprezzato. Ritengo che il mondo del teatro e della danza in particolare debba avere questa volontà divulgativa associata all’esperienza professionale e, quando c’è, anche all’eccellenza, certamente.
Il virtuosismo del balletto classico appaga l’animo estetico, raffinato, ricercato e rigoroso; eppure lo slancio creativo del formalismo contemporaneo, la sua dinamica naturale e interpretativa, che presuppone uno sforzo fisico immenso e una grande capacità di “sentirsi”, può raggiungere una forte empatia con il pubblico.
Aliento del Alma di M. de Alteriis
Bitter Green Tea di P. Mohovich
Getting Lost Within My Self di E. Insalata
Different Kind di Raffaele Irace
Queste sono le altre coreografie create per il gruppo di Pompea Santoro.
Si passa da una sonorità a un’altra, da luci e costumi differenti: i tutù, il bianco e il nero, semplice e scarno come si confà, il verde brillante, le tinte neutre ed eleganti per il brano spagnolo: ‘respiro dell’anima’. Mezze punte, punte e piedi scalzi. E la percezione di un gruppo di giovani danzatori piuttosto evidenziati nella loro personalità oltre che nello specifico livello tecnico.
L’Eko Dance International Project è una giovane (2011-2012) compagnia di balletto, costituita da artisti che terminato il percorso tradizionale di formazione accademica in corsi e scuole diverse sul territorio torinese e non solo, sono alla guida di Pompea Santoro per lavorare “sul proprio potenziale espressivo” (non soltanto sulle capacità tecniche) e trovare, scoprire e infine apprezzare se stessi anche attraverso il corpo in movimento (la danza) e le emozioni che il lavoro crea giorno dopo giorno, dalla palestra al palcoscenico.
Sperimentazione e divulgazione con un legante fortissimo, la passione e l’entusiasmo: la danza si libera della rigidità, come l’accettazione della diversità, la ricerca del contatto e lo sperimentare un senso di libertà completo aiuta a vivere in un mondo strutturato, in una società multitasking. (Raffaele Irace). Tanti stimoli, diverse tipologie, di “noi”: la coreografia è corale, ma l’individualità è l’elemento da seguire.
Coinvolgente il tema di Marco de Alteriis che lavora su una gestualità pulita e toccante. Morbida e intima.
L’intermezzo di Sara Bertoncelli e la pièce di Elisa Insalata (giovane coreografa) tornano sul tema della fluidità del proprio “Io”… ci si perde anche in se stessi, forse per ritrovarsi con grazia e sentimento.
Diventa ‘amaro’ il tè verde di Paolo Mohovich; la musica è forte, la coreografia d’impatto e grande effetto. Tecnicamente difficile, ma la sensazione, da me percepita, è stata che il pubblico apprezzasse.
Applausi dunque, per il piacere personale di essere stata in prima fila.
Stefania Sanlorenzo