La Compagnia di Roberto Zappalà, alla ricerca di nuove suggestioni per il suo pubblico, torna con un “classico”, presentandolo come la rivisitazione di un loro stesso brano coreografico. Hanno debuttato in agosto, mentre la data prossima sarà domani, il 5 ottobre 2016 al Palazzo della Città di Sassari, ma ne seguiranno altre, ripresentando, all’interno del Festival Corpi in Movimento e della rassegna “DARE”:
“Romeo e Giulietta 1.1”
Innanzitutto si tratta di un ritorno in scena di un pezzo coreografico di 10 anni fa, e il primo di questo nuovo proporsi della compagnia in una inedita veste che presuppone a monte una ricerca di rilettura dei molti lavori e di una rilegatura nuova degli stessi, che non a caso è stata nominata “Antologia”; quindi implica il riunire sotto un’unica ideale raccolta, le ricerche e le esplorazioni sperimentali che hanno definito il vissuto della compagnia, oggi in scena con anche altri interpreti, ovviamente. Il sottotitolo della prima produzione era “La sfocatura dei corpi”, idea di base che rimane, ma traslando l’asse di lettura.
Più in generale, non si tratta semplicemente di rivisitare il passato nelle sue linee più intriganti, si tratta di offrirne una nuova visione che si proietti in avanti. La dinamica del rileggere anche i propri pezzi diventa uno stimolo creativo prospettico per il coreografo stesso. Lo è per i ballerini nuovi e lo sarà per un pubblico che poi difficilmente potrà essere solo quello di un passato.
Sulla coreografia di Roberto Zappalà, in scena Romeo e Giulietta saranno interpretati da Antoine Roux-Briffaud e Maud de la Purification, una longilinea presenza scenica, più volte vista danzare in Compagnia. Belle braccia, un viso che attira lo sguardo, un movimento che pur ridotto all’essenzialità mantiene un qualcosa di acuto e raccolto su di sé. Maud è movimento singolo entro il proprio spazio anche quando si sposta sul palco per interagire: l’ho vista in scena ad aprile 2016 a Torino in “Anticorpi”… perfetta dunque per la nuova chiave di lettura di questa Giulietta.
Vediamo infatti concettualmente che cosa vuol dire 1.1
Il contrasto dal Romeo e Giulietta del balletto di repertorio è sempre stato fortissimo. Già nella prima produzione dove la spiegazione della ‘sfocatura’, ne parlai, era molto tecnica: una questione di inquadratura del sentimento amoroso dei due amanti veronesi e del dramma famigliare, per cui rispetto a questi due aspetti era difficile trovare il punto focale che serve a cogliere con nitidezza l’oggetto visto da un obiettivo fotografico. I due amanti sono percepiti o si percepiscono lontani o meglio allontanati nel loro amore a causa di valenze esterne, tanto quanto il sentimento e la passione tenderebbero ad avvicinarli fino all’atto incontrovertibile della morte, che spezza le vite ma ferma l’istante stesso del loro sentirsi, rendendolo eterno. Romeo e Giulietta si tolgono la vita, annullando di colpo la sfocatura sia nello spazio sia nel tempo di chi permane nel vissuto.
Non è così immediato sovrapporre ciò che emerge anche dal dramma originario e ciò che risalta nella lettura coreografica e nella regia di Roberto Zappalà, supportato da scene luci e testi molto particolari.
Sui testi di Nello Calabrò, con la ricerca musicale che unisce le note di John Cage alla musica di Sergei Prokofiev come a quella dei Pink Floyd, nella rivisitazione attuale, si sposta l’inquadratura dalla coppia all’individuo e al disagio del singolo nel contrasto con la società a un dilemma interiore. Il concetto della ‘sfocatura’ permane come l’escamotage della macchina fotografica: si sposta l’inquadratura, dicevo, alla ricerca comunque della messa a fuoco o nella rilevanza dell’impossibilità dolorosissima di percepirsi a fuoco; si è sempre o troppo vicini o inevitabilmente lontani?
Il senso dell’amore e di ciò che lo ostacola è traslato. Slitta dalla sua essenza propria, che è parlare di sé, attraverso Romeo e Giulietta, e diventa una considerazione rivolta alla vita in senso più individuale. Quella vita quotidiana del proprio sentire che il singolo quasi rivendica come diritto a provare in sé e non ostacolato dagli altri. O addirittura soggiogato e schiacciato in un mondo dove diventa difficile percepire se stessi in linea con ciò che ci circonda, persino rispetto a chi scopriamo di amare e desiderare.
Questo per me è il punto di forza di 1.1 e per quanto si discosti dalla poetica di Shakespeare, recupera in questo senso di inaccettabile contrasto fra i due giovani, incolmabile se non con lo stesso tragico finale, la verità che ogni volta ritorna quando la morte sopraggiunge sugli amanti. Il respiro ti manca, perché bastava così poco, pensi… così poco.
Forse questo 1.1 può restituire una visione più intima e introspettiva dell’individuo nel suo sentimento più alto che è l’amore come forza di affermazione di sé rispetto ai contrasti della vita.
Il dolore resta impresso, terribilmente a fuoco.
Stefania Sanlorenzo